PAGANESIMO E STORIA



Il sogno europeo non rifiuta il passato, ma costruisce a partire da esso.

Jeremy Rifkin, Il sogno europeo



Ciascuno di noi risente, nelle proprie scelte e nel modo di vedere il mondo, della propria storia passata: traumi e successi ci influenzano a volte inconsapevolmente, a volte più manifestatamente. Così è anche per gruppi più o meno ampi e per intere popolazioni. In questo caso la storia è più lunga e quindi determina uno stratificarsi delle esperienze che rende complesso il quadro generale d’azione. Anche se questa determinazione non è assoluta, nel senso che all’esperienza X nel passato non corrisponde necessariamente una scelta Y nel futuro, non si può negare che il passato abbia influenza sul futuro. E in certi casi si ha bisogno di trovare delle radici passate, pensiamo, per arrivare al nocciolo del nostro discorso che verte sul paganesimo, ai pagani americani di origine europea che cercano in vari modi di ricollegarsi alle loro radici sul Vecchio Continente, quando invece altra parte della società americana vanta la propria capacità di recidere le proprie radici europee in funzione di qualcosa di nuovo, del sogno americano.

Così anche in Europa i pagani vanno alla ricerca delle antiche religioni che precedevano il cristianesimo nelle varie regioni del continente, vanno in sostanza alla ricerca della propria storia. Ma la ricerca di una storia comporta diversi pericoli, che chiunque, ma soprattutto il pagano accorto, deve evitare.

L’età dell’oro: mitizzazione del passato

Spesso nei periodi di difficoltà, nei periodi di crisi, sia personali che sociali, l’essere umano tende a divenire nostalgico nei confronti di un passato che non viene più considerato in quanto tale, ma in quanto proiezione della propria idea di benessere, che deforma il passato secondo i bisogni della ragione in quella data circostanza. Lo si vede nelle persone anziane che rimpiangono la propria giovinezza, dimenticandosi delle fatiche e delle mancanze che hanno vissuto, ma anche in popoli interi che mitizzano un’epoca, considerata età dell’oro. Non voglio con questo dire che il passato non possa essere stato per certi versi un periodo migliore. Se pensiamo al paganesimo, certo in epoca romana ogni culto pagano era immensamente più libero di esistere, rispetto agli stermini dell’epoca cristiana. Ma non per questo si può lasciare che il passato ci imprigioni. L’uomo vive nella società presente e compie scelte verso il futuro: è nella sua natura. Se il passato e di conseguenza la storia possono essere considerati una guida, non vanno pensati come gabbia dorata. E’ impossibile pensare di ricostruire il paganesimo esattamente così com’era in epoca passata e sarebbe anche uno snaturamento della natura della religione pagana, che richiede di essere vissuta in prima persona, non di essere un bel vestito che si indossa per moda o perché pare elegante. Nel recupero delle religioni-tradizioni antiche bisogna considerare non solo la lacunosità delle fonti, che può essere maggiore o minore a seconda di quante ne abbia prodotte la cultura in esame e di quanto grandi siano state le distruzioni a cui è stata soggetta, ma anche quanto di esse è legato alle circostanze storiche in cui esse erano vissute e che, con secoli di storia tra noi e loro, non sarebbero più possibili o non sono più adatte alla nostra sensibilità. Le pratiche pagane non sono e non devono essere un automatismo tale e quale a quello del cristiano che recita il padrenostro ormai senza pensarci, devono essere vissute. Nel De natura deorum (sulla natura degli dei) Cicerone contrappone la religio (religione) alla superstitio (superstizione), perché la prima, derivante dal verbo che significa “raccogliere” (relegere), è l’atteggiamento mentale con cui la persona religiosa “raccoglie” la propria attenzione su ciò che sta facendo, sul sacrificio o sull’invocazione, mentre la seconda è il credere irrazionalmente in qualcosa. Dalle fonti letterarie non è possibile capire se ciò che veniva fatto dagli antichi era oggetto di quella cura e attenzione che sono l’essenza della religio per Cicerone, ma non vi è motivo per dubitarne. Altrettanto quindi dovrebbero fare i pagani moderni, vivendo i riti in prima persona e, di conseguenza, trovando ciò che più si adatta alla propria sensibilità.

In una discussione sul forum del WCER mi è capitato di citare il rito della Devotio che la Federazione Pagana tiene, come rito federale, ogni agosto. Su questo è intervenuto un pagano italiano che si rifà alla Roma antica sostenendo che non era possibile che la Federazione Pagana facesse un rito del genere, perché esso richiede un sacrificio umano: la persona che pronunciava questo rito, come Decio Mure, lo faceva in situazioni disperate, in cui si votava agli dei; secondo questo pagano, la persona in questione o moriva in battaglia, o veniva poi ucciso come vittima sacrificale agli dei. Questo significa forse che il suo gruppo non fa sacrifici agli dei perché non può macellare animali in pubblico a causa delle leggi sull’igiene? O che vorrebbe tornare a farli? Sul loro sito si parlava di sacrifici sostitutivi: incenso, erbe, fiori, che è poi quanto fa la maggior parte dei pagani. Non possiamo negare che il nostro rapporto con la natura è cambiato, che dobbiamo recuperarlo dopo secoli di distacco dovuti all’atteggiamento cristiano che la considera come un possesso messo a totale disposizione dell’uomo, perciò non possiamo affermare che un pagano moderno non può onorare gli dei come si deve perché non può offrire a Giove un bove sopranno in pubblico come prescritto dalle tavole iguvine, della religione degli Umbri.

Lo sguardo verso il futuro: annullamento del passato

Perché il paganesimo deve essere vissuto nel presente, non significa che esso possa ignorare completamente la storia passata come se non fosse già successa. In primo luogo perché sarebbe un controsenso per il paganesimo europeo che si prefigura come ritorno alle antiche religioni e in secondo luogo per il pericolo insito in questo modo di pensare. Se c’è una cosa in cui la storia può essere una guida è nell’evitare di ripetere gli errori del passato.

Guardando alla storia della distruzione del paganesimo in Europa possiamo notare come la minaccia costituita dal cristianesimo fu a lungo sottovalutata: le accuse mosse ai cristiani erano per lo più folcloristiche, li si vedeva come un fenomeno particolare, una delle tante sette insurrezionaliste. L’idoneità di questa ideologia alla gestione del potere fu capita da Costantino, che la rese religione accettata e diede di fatto il via all’abbattimento del paganesimo. I primi provvedimenti vennero però presi contro la divinazione, la magia e altre pratiche minori, incontrando anche il favore di certa aristocrazia colta e magari imbevuta di neoplatonismo che disprezzava queste pratiche. Accomunare queste pratiche al paganesimo, accusando i pagani di credere che gli “idoli” cioè le rappresentazioni scultoree delle divinità fossero le divinità stesse, fu un attimo e i pagani si trovarono sorpresi e indifesi di fronte a ciò.

Se dimentichiamo o ignoriamo questo, corriamo lo stesso rischio corso dalle culture antiche. Guarda caso, negli ultimi anni è stata condotta una dura battaglia contro magia, mistificazioni, divinazione: non che io sia favorevole alla superstizione, che peraltro ha spesso matrice nell’ideologia cristiana e nella sua fede in un destino predeterminato o nell’avvento della provvidenza (mentre un pagano latino ebbe a dire Faber quisque fortunae suae est, ciascuno è artefice della propria fortuna o sorte), o alle truffe dei tanti maghi televisivi, ma, ricordando la prima distruzione del paganesimo, tutto questo mi fa stare all’erta, affinché non si accomuni di nuovo il paganesimo alla superstizione e alla truffa. Vorrei a proposito ricordare quanto detto dal prof. Strmiska durante il suo intervento al convegno WCER del 2005 ad Anversa:



molte leggi e politiche governative che riguardano le religioni Pagane o Etniche sono leggi e politiche elaborate per i Nuovi Movimenti Religiosi in generale, inclusi gruppi come i Testimoni di Geova, Scientology, Hare Krishna. Credo che dove e quando queste leggi e politiche così restrittive sorgano, dovremmo unirci a questi gruppi religiosi per formare un’opposizione più forte e più ampia possibile. Questo non significa che dobbiamo fingere di essere d’accordo con questi gruppi o che li invitiamo all’interno del WCER. Semplicemente intendo dire che collaboriamo con altre minoranze religiose per combattere per il principio generale della libertà religiosa, libertà per tutte le religioni.

Per considerare la cosa in un altro modo, immaginate cosa potrebbe accadere se non collaborassimo con questi gruppi. Immaginate che il governo, ad esempio, del Belgio, approvi una legge contro i Testimoni di Geova. Forse noi nel WCER non faremmo niente perché non siamo d’accordo con l’ideologia religiosa del gruppo dei Geova. Quindi il governo approva una legge contro Scientology. Forse noi non risponderemmo, perché non è che Scientology ci piaccia poi tanto. Il governo allora approva una legge contro gli Hare Krishna, poi una contro i Sufi, poi una contro i Buddisti. Forse allora cominceremmo a preoccuparci. Forse cominceremmo a pensare ad una reazione, ma potrebbe essere troppo tardi. Fino a questo momento gli ufficiali di governo e i loro sostenitori nella società si sarebbero convinti che possono fare leggi restrittive nei confronti delle religioni più piccole. Leggi del genere dopotutto sarebbero molto popolari. Forse la prossima legge sarebbe contro i nostri amici Asatru. Sarebbe molto difficile opporsi o fermarla, perché non abbiamo detto niente quando altre religioni sono state perseguitate o discriminate.

Si può applicare anche al paganesimo antico: se i pagani si fossero opposti alle leggi contro la magia, forse non sarebbero stati impreparati nei confronti degli attacchi successivi. Probabilmente il contesto culturale in cui erano cresciuti non glielo permetteva, ma non per questo dobbiamo adesso rischiare di ripetere gli stessi errori. Il che include anche illudersi che oggi i cristiani siano più disposti al dialogo, che la chiesa sia cambiata: non sono cambiati i pilastri ideologici, l’unicità del loro dio, il binomio accettazione = salvezza / non accettazione = dannazione e tormenti eterni.

Ignorare il passato o non conoscerlo appieno significa anche non capire il valore degli elementi che si recuperano da esso per la ricostruzione del paganesimo. A che serve recuperare il nome di Zeus, se poi non se ne capisce il significato, cioè la forza che veniva chiamata in questo modo? I greci antichi erano consapevoli della convenzionalità dei nomi: Zeus, quale che sia il tuo nome, se con questo nome ti piace essere chiamato, con questo nome io t’invoco, dice il Corifeo del coro dell’Agamennone di Eschilo. Eppure anche oggi vediamo gruppi pagani che inanellano nomi di divinità, anche di varia provenienza, nei loro riti senza che alle spalle ci sia un tentativo di studio delle figure nominate, senza che ci sia una comprensione, razionale o emotiva, di esse. Non parliamo poi dei tentativi New Age che accoppiano con disinvoltura divinità pagane e angeli della cabala, dee antiche e la madre di Gesù.

Paganesimo e necessità di rapporto equilibrato con il passato

Mitizzazione e annullamento del passato sono due “trappole” insidiose per il pagano che punta alla comprensione delle religioni antiche e a rivivere queste ultime nella vita quotidiana, così come il paganesimo vero e proprio richiede. Si possono evitare attraverso il riconoscimento della distanza storica e la conoscenza.

La distanza storica è quell’insieme di fattori sociali e culturali che differenziano le epoche le une dalle altre. Anche se vicine cronologicamente, due epoche possono essere enormemente diverse se diversa è la cultura di partenza delle due; lo stesso si potrebbe dire in ambito geografico, ambito che qui non abbiamo trattato. Riconoscerla e comprenderne l’entità è fondamentale per un rapporto equilibrato con il passato, solo così la storia può “fruttare”. La comprensione richiede perciò una buona dose di conoscenza del passato stesso, che deriva dallo studio delle fonti e del contesto in cui esse sono state create, contesto non solo culturale, ma anche sociale e storico: torniamo quindi al discorso fatto all’inizio, sull’influenza dei fatti storici nella formazione del presente. Solo capendo come siamo giunti al punto presente e la distanza percorsa dalla partenza possiamo rendere efficace il percorso. Questo è il significato della citazione da Rifkin che precede questo testo: partire dal passato, ma nell’ottica di costruire, il passato rimane ma non è una catena. Vale in particolar modo per il paganesimo: la comprensione delle religioni antiche vuol dire anche capire in che modo esse aderivano alle società passate, estrapolarne l’essenza e applicarla al presente con l’attenzione necessaria che distingue la religio pagana dal divenire sterile ripetizione di pratiche ormai divenute superstitio.

Manuela Simeoni

manuelasimeoni@yahoo.it






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