Percezione

Sulla formazione della percezione

e la selezione

dei fenomeni percepiti

Di Claudio Simeoni

Seconda Parte




Cod. ISBN 9788891185822

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LA MADRE COME MONDO

 

LA FONDAZIONE

 

 

DELLA PERCEZIONE NELL’ETA’ FETALE

 

 

 

 

IL DOLORE COME STIMOLO

 

La psicologia definisce il dolore come:

“Sensazione di sofferenza che si presenta come risposta soggettiva ad uno stimolo avvertito dall’organismo come nocivo o, comunque, riduttivo del suo benessere. Dal punto di vista psicologico, il dolore è una delle tonalità emotive fondamentali che accompagnano l’esistenza.” Dal dizionario di Psicologia di Umberto Galimberti ed. Rizzoli

 

La risposta di un organismo al dolore è la dimostrazione della sua capacità di percepire il mondo e di manifestare una tensione adattativa come risposta a tale percezione.

 

L’osservatore esterno, anche se è separato da un organismo “elementare”, è in grado di osservare sia il fenomeno doloroso, sia le azioni che, come risposta, un organismo mette in atto. Un neurologo, un psicoanalista, sono in grado di osservare le “strategie” di adattamento soggettivo, all’intervento dello stimolo, di un organismo.

 

Quando si affronta lo studio della formazione della capacità di percepire di un soggetto, è necessario ricordare che mentre lo “studioso” parte da una capacità di percezione formata e fissata nel tempo, dalle trasformazioni e dalle scelte, il soggetto studiato, nel nostro caso il feto, costruisce la sua percezione del mondo nel momento in cui lo spermatozoo entra nell’ovulo e il soggetto inizia a separare sé stesso dal mondo. L’osservatore ha costruito la propria capacità di percezione selezionandone le possibilità nel corso della sua crescita; il feto la sta costruendo in quel momento e non è detto che la stia costruendo come l’osservatore ritiene che questa debba essere, partendo dalla sua esperienza. Pertanto, abbiamo due movimenti diversi: lo studioso inizia a considerare sé stesso, il finito, e scompone la propria percezione, il feto sedimenta la propria conoscenza affrontando il mondo.

Si deve dimostrare che, parendo dalla percezione finita dell’individuo adulto e dai recenti studi, esista un movimento di formazione della percezione che obbedisce a stimoli-risposte che sono consapevoli in ogni stadio della costruzione dell’individuo.

 

Quando si parla di un feto di pochissime settimane di vita, parliamo di una separazione quasi totale fra il feto e l’osservatore. Per l’osservatore il feto è muto; non ha i suoi stessi pensieri, le sue stesse modalità di comunicazione, ma se l’osservatore è abbastanza vivo può fare un’operazione empatica: soggettivare la stessa sensazione che sta subendo il feto e leggere per analogia le sue stesse sensazioni trasferendole al feto.

 

Questa capacità è sempre stata enunciata dagli Stregoni, ma la “scienza” razionalista e positivista non l’ha mai presa in considerazione nella formazione della conoscenza.

 

ELABORAZIONE CEREBRALE – EMPATIA

Giornale La Repubblica

Roma – Secondo uno studio Italiano pubblicato su “Nature Neuroscience” la prestigiosa rivista inglese, la risposta empatica al dolore degli altri, oltre ad essere dettata dall’emotività, risponde anche all’attivazione di una precisa zona del cervello. La ricerca è stata condotta da Salvatore Alioti del dipartimento di Psicologia dell’Università di Roma la Sapienza e della fondazione Santa Lucia di Roma, con Alessio Avenanti. I due ricercatori, utilizzando la tecnica della stimolazione magnetica transcranica, hanno osservato un “contagio somato-motorio” che scatta alla vista del dolore altrui.

 

Che cos’è questa capacità empatica?

E’ la capacità che, messa in moto dall’osservatore, gli permette di interpretare le sensazioni emotive che ha un soggetto mentre subisce uno stimolo. Apparentemente sembra un modo di procedere non scientifico; ma vi sembra un modo di procedere scientifico privare i viventi della loro intelligenza per affermare che le loro risposte agli stimoli sono solo dei riflessi? E solo perché la percezione del fenomeno e le strategie di risposta sono diversi (per tempi e modi) da quelle umane? Poi si scopre che il virus dell’AIDS strappa un pezzo di DNA dell’individuo per mascherarsi e poter penetrare nella cellula che vuole infettare!

La capacità empatica è molto evidente nei bambini appena nati. Si sviluppa prepotentemente nell’età fetale ed è la più grande fonte di conoscenza che ha un bambino appena nato.


Giornale D, donna de La Repubblica

“Ma che cosa gli passa per la mente?

Scienza Fino a pochi anni fa, i ricercatori consideravano il cervello di un neonato una tabula rasa, poi plasmata dall’esperienza. Le ultime scoperte di genetica e neuroscienza ribaltano la teoria: si viene alla luce con molte capacità programmate. E tra le più importanti c’è quella di sognare.

A nove mesi un bebé è in grado di riconoscere espressioni facciali o verbali di felicità, tristezza o rabbia e di riprodurle, facendole proprie. Sa modellare le emozioni su quelle altrui e reagire ai segni di rimprovero o approvazione. A un anno, guarda l’oggetto indicato da un dito, e non il dito.

“Oggi sappiamo che i bambini sanno più di quanto pensavamo fosse possibile. Hanno idee sugli altri esseri umani, sugli oggetti e sul mondo, nel momento steso in cui nascono. Sono idee piuttosto complesse, non soltanto riflessi o reazioni a determinate sensazioni. I bambini sono come piccoli scienziati, acquisiscono nuovi dati in continuazione e scartano le teorie che non combaciano con essi. Cambia la loro comprensione sulle cause di certi fenomeni. Il che porta a domande difficili: come viene rappresentata questa comprensione della struttura causale del mondo? E attraverso quali meccanismi di apprendimento nasce la rappresentazione?”

 

A mano a mano che diventiamo adulti la capacità empatica attraverso la quale conosciamo il mondo tende a scomparire e noi ci separiamo sempre di più dal mondo assumendo forme di comunicazione “superiori” e diverse. In alcuni adulti la capacità empatica, o per allenamento, o per disposizione “naturale” (o per scelte soggettive che si sono dimenticate), rimane più viva. Normalmente si dice che queste persone sono “molto sensibili”. Inoltre, la capacità di percezione attraverso l’empatia non è una capacità “semplificabile” come Aristotele ha fatto con i cinque sensi. La capacità di percezione empatica di un soggetto coinvolge tutto sé stesso mentre è nella pancia della madre. L’empatia produce una conoscenza totale mentre si è nella pancia della madre e anche quando l’individuo sostituisce alla conoscenza empatica la conoscenza razionale, la ragione, la conoscenza empatica si presenta alla ragione mediante tutta una serie di fenomeni che vengono, comunemente, descritti come “fenomeni extrasensoriali”.

Questo sarò oggetto di un capitolo a parte sulla percezione.

 

L’Essere umano adulto percepisce il dolore in un modo che possiamo descrivere (sia pur approssimativamente) e trasmettere ad altre persone. Se una persona ha una mano schiacciata, chiunque la guarda intuisce immediatamente quanto dolore sta provando. La ricerca Neurologica ha stabilito che nella percezione del dolore (come gli Esseri Umani lo intendono) si attivano delle aree cerebrali e si accendono delle connessioni neuronali. Se quelle aree cerebrali non esistono e non si accendono, quelle connessioni neuronali la scienza ci dice che il soggetto non prova dolore.

Solo che il concetto di dolore, nel nostro caso, non si deve riferire alla percezione dell’Essere Umano, ma alla percezione che ne ha la vita. Sia che il soggetto cui ci riferiamo abbia o non abbia quelle connessioni e quelle aree cerebrali.

Schiacciare un piede ad un Essere Lucertola, gli si procura molto dolore, esattamente come ad un Essere Umano. Ciò che le neuroscienze ci possono dire è che la percezione soggettiva del dolore è diversa fra l’Essere Lucertola e l’Essere Umano per la diversità di organizzazione cerebrale.

 

La ricerca sul dolore provato dal feto viene inserita nella polemica fra abortisti ed antiabortisti.

Si tratta di una polemica sterile, che vuole incidere sulle decisioni politiche della società civile attraverso un coinvolgimento emotivo delle persone. In pratica, se si stabilisce che il feto prova dolore al momento di essere abortito, si susciteranno delle emozioni di riprovazione nei confronti dell’aborto; se si dimostra che il feto non prova dolore al momento di essere abortito si sollecita maggiormente la libertà d’aborto. E ognuno tenta di portare l’acqua al proprio mulino.

 

E’ una polemica nella quale vengono coinvolti e messi in discussione i diritti civili e l’autodeterminazione delle persone. Viene messo in discussione il diritto delle persone di disporre del proprio corpo. Il dibattito sociale deve essere circoscritto nell’ambito sociale e nessuno ha il diritto di dire alla donna come deve o non deve comportarsi. Lei ha il diritto di gestire il proprio corpo e ogni azione fatta contro quel diritto è un atto di eversione dell’ordine democratico. Un atto del peggiore schiavismo e come tale deve essere censurato.

 

La vita, qualunque vita, tende sempre all’espansione e considera dolore tutto ciò che limita o impedisce quell’espansione.

 

Giornale, Il Gazzettino

“I feti umani sentono il dolore soltanto dopo la ventiseiesima settimana di gestazione

“Londra - Un feto umano non sente dolore fino alla 26esima settimana di gestazione: lo afferma su un articolo dell’autorevole British Medical Journal, Stuart Derbyshire, psicologo dell’università di Birmingham, sottolineando che anche se i feti sono capaci di reazioni ad uno stimolo doloroso, questo non vuol dire che sentono dolore. Per il ricercatore solo alla 26esima settimana si sviluppano i meccanismi nervosi che consentono di avvertire il dolore.”

 

Il ricercatore ci dice che il feto sente il dolore, come noi lo consideriamo dolore (o similmente a noi), solo dalla 26^ settimana di gestazione. Perché dalla 26^ settimana di gestazione si sviluppano i meccanismi nervosi che consentono di avvertire il dolore come noi lo consideriamo e lo sentiamo. Quei meccanismi nervosi che noi troviamo anche dentro all’uomo adulto e, pertanto, quando si formano nel feto, come persone adulte diciamo che da quel momento il feto sente il dolore.

 

Giornale, La Repubblica

“Lo studio: i neonati prematuri sentono il dolore come gli altri.

Londra – I neonati prematuri sentono dolore. Uno studio ha infatti dimostrato che purtroppo non sono affatto al riparo da sofferenze, come si credeva, quando sottoposti alle tante pratiche mediche  necessarie nelle terapie intensive neonatali per aiutarli a crescere. Lo hanno verificato per la prima volta i ricercatori della University College di Londra che hanno misurato risposte di dolore nel cervello di questi neonati e non, come si pensava, semplici reazioni riflesse. Lo studio è riportato su “The Journal of Neuroscience.”

 

Giornale, Il Gazzettino

“A 22 settimane il feto decide movimenti autonomi

I ricercatori: differenziano le modalità gestuali delle mani rispetto ai bersagli da raggiungere, in genere occhie bocca

Trieste – Una scoperta che cambia il panorama e le prospettive della medicina prenatale. Il feto umano è in grado di fare movimenti finalizzati (ovvero non stimolati da semplici riflessi) all’interno dell’utero materno già a partire dalla 22esima settimana di gravidanza, differenziando le modalità di movimento delle mani rispetto al bersaglio da raggiungere (principalmente bocca ed occhi). E’ una scoperta fatta da un’equipe di medici, psicologi e neuropsichiatri dell’ospedale infantile Irccs Burlo Garofalo di Trieste, sulla base di una ricerca guidata da una ricerca guidata dalla dottoressa Giuseppina D’Ottavio, dirigente dell’unità Diagnostica Prenatale del Burlo, in collaborazione con la psicologa Stefania Zoia, dirigente del laboratorio di Cinematica dell’ospedale infantile giuliano, e presentata ieri all’istituto di Trieste.

 

Lo stesso ricercatore afferma che prima che si formino i meccanismi nervosi alla 26^ settimana il feto reagisce ad uno stimolo doloroso.

Dunque, esiste la CONSAPEVOLEZZA del feto che quello è dolore, pur senza percepire quel dolore come lo percepisce un individuo adulto in quanto manca delle connessioni neuronali relative.

Il dolore è sempre percepito come sofferenza, una sofferenza alla quale il soggetto pone rimedio attraverso i suoi adattamenti. La sofferenza si esprime sul soggetto come una costante in quanto costante è la ricerca del benessere del soggetto che non può permanere nel suo stato in quanto, solo la permanenza nel suo stato, gli comporta una sofferenza. La necessità di crescere è una continua ricerca di piacere del soggetto. Proprio perché il soggetto cresce ha il concetto di piacere. Un piacere che ricerca continuamente sia migliorando il proprio stato, sia ovviando alla sofferenza che gli impedimenti alla crescita gli procurano.

Il concetto di “dolore” va molto ampliato uscendo da quella che è la sfera della percezione umana dell’adulto per assumere, come guida nella formazione del concetto, il concetto di dolore della vita che dovrebbe essere inteso come percezione del soggetto all’impedimento della propria espansione. La spinta espansiva in ogni soggetto biologico è sempre all’interno del proprio divenuto come specie; è sempre all’interno del proprio divenuto culturale; ha come scopo spingere all’espansione, spingere verso il piacere, sollecitare i migliori adattamenti la propria specie e la situazione culturale in cui il soggetto è divenuto.

Questo modo di operare è un modo di tutte le specie della Natura.

Il concetto di consapevolezza, che viene normalmente attribuito all’Essere Umano adulto, è “uno specifico stato psichico” che pur comportando il riconoscimento di sé stesso lo separa dal mondo in cui vive costringendo l’individuo troppo spesso ad essere sordo anche ai segnali che da dentro di lui si manifestano alla sua coscienza.

 

Per riuscire a comprendere il processo di formazione della percezione è necessario superare il concetto di “coscienza” riferito all’individuo umano adulto. Questo superamento è quello che ci permette di riconoscere la coscienza e la consapevolezza soggettiva in tutti i movimenti, in tutti i processi adattativi, che avvengono da parte di tutti gli oggetti del mondo.

Solo in quest’ottica si può riuscire a comprendere come ogni adattamento del feto, nella pancia della madre, sia il risultato di consapevolezza psico-fisica in risposta a sollecitazioni esterne in relazione alle tensioni interne del feto quali espressione della specie cui appartiene.

 

Le idee sulla consapevolezza soggettiva del feto e sulle sue trasformazioni si stanno affacciando fra i ricercatori. Qualche ricercatore ha iniziato ad ipotizzare:

 

Giornale, Il Gazzettino

 

“La memoria del feto influisce sulla vita post-natale

Uno studio permetterà di scoprire il riflesso della vita del feto su alcune caratteristiche della vita post-natale. Lo ha messo a punto per la prima volta in Italia, il dott. Carlo Bellieni dell’U.O. di Terapia Intensiva Neonatale del Policlinico Le Scotte diretta dal professor Franco Bagnoli. “Siamo partiti – ha detto in una nota il professor Bellieni – dallo studio della situazione prenatale e abbiamo scoperto che l’equilibrio del bambino e la sua ricerca di stimoli motori siano legate alle condizioni di vita della madre durante il periodo di gravidanza.”

 

Anche se tale ipotesi è formulata, rispetto a modelli di vita standard, si tratta di una grande rivelazione nella scienza medica scoprire che la vita neonatale è la continuazione della vita prenatale. E’ un po’ come scoprire che gli Esseri Animali sono delle forme di vita complesse piene di emozioni, tensioni, desideri e passioni per la vita, anziché considerarli come macchine prive di progetti interni.

Riuscire a comprendere come “l’equilibrio del bambino e la sua ricerca di stimoli sia legata alla propria vita prenatale e alle condizioni della vita della madre nel periodo di gravidanza” equivale a guardare al feto come ad un soggetto che cresce per fondare la futura vita fisica adulta. Se il feto perde una gamba: l’individuo adulto avrebbe una gamba? E allora perché pensare che se le tensioni psichiche indotte dalla madre sono portatrici di paura, una volta nato il bambino possa essere coraggioso?

 

Giornale, La Repubblica

““Se la mamma è stressata l’ansia passa al nascituro”

Milano – Neonati a rischio stress. Le tensioni psicologiche, l’ansia per la perdita del posto di lavoro e le preoccupazioni psicologiche che colpiscono le madri incinte si ripercuotono anche sul nascituro. L’allarme arriva da recenti studi medici e sociali sul periodo perinatale, presentati ieri in un incontro sul tema: “Mobbing perinatale”, all’ospedale Macedonio Melloni di Milano. “A mamma stressata corrisponde bambino stressato, in stato d’ansia, irritabile e nervoso: sin dai primi giorni di vita, ad esempio, il bambino fa fatica ad attaccarsi al seno e dorme poco di notte; sulla lunga distanza, poi, sorgono anche difficoltà ad instaurare rapporti più profondi.”

 

Ci sono due movimenti che vengono messi in atto dal feto nell’utero materno. Partendo dalla considerazione che l’utero non sia portatore di tensioni nei confronti del feto, questi si svilupperà agendo nell’utero per manifestare le proprie tensioni di crescita. Si svilupperà un tipo di “dolore” che sarà legato alla crescita. Ma il feto sviluppa anche un’altra cosa: l’attenzione nei confronti del mondo in cui agisce. Un mondo, l’utero materno, che è portatore di un’oggettività psico-fisica, tensioni che la madre trasmette al feto affrontando il proprio mondo quotidiano, alle cui sollecitazioni il feto risponde. Pertanto il feto non risponderà soltanto al “dolore” della propria necessità di crescita, ma la sua necessità di crescita sarà condizionata dalle condizioni, comunque dolorose, che al feto giungono dalla madre.

E’ proprio partendo nell’impedimento, dal dolore, alle possibilità di crescita dell’individuo che l’analista può leggere gli sforzi del feto. Sforzi intelligenti finalizzati ad adattarsi alle condizioni che incontra al fine di continuare il suo processo di sviluppo.

Dice un ricercatore:

 A mamma stressata corrisponde bambino stressato, in stato d’ansia, irritabile e nervoso: sin dai primi giorni di vita, ad esempio, il bambino fa fatica ad attaccarsi al seno e dorme poco di notte; sulla lunga distanza, poi, sorgono anche difficoltà ad instaurare rapporti più profondi.”

 

E ad una madre accanita lettrice, una madre che vive la sua vita con passione, con tensione, dalle emozioni esplosive e coinvolte, ad una madre appassionata; che cosa corrisponde? Non sto parlando di una madre calma e tranquilla; ma sto parlando di un “vulcano femminile rivolto all’espansione della sua vita”!

Quando il feto percepisce questo, come risponde con i suoi adattamenti? Una volta che il bambino nasce; con che occhi guarda il mondo? Come agirà la sua capacità empatica? Ma soprattutto, che necessità ha il feto nella pancia della madre?

 

 

Versione aggiornata'Come si forma la percezione in Stregoneria

 

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Claudio Simeoni

Meccanico

Apprendista Stregone

Guardiano dell'Anticristo

P.le Parmesan, 8

30175 Marghera - Venezia

tel. 041933185

e-mail: claudiosimeoni@libero.it