RITORNO ALLE ORIGINI PAGANE DELLE PAROLE: TRADIZIONE, PAGANESIMO, RELIGIONE

 




Ai giorni nostri, la comunicazione sembra essere l’imperativo della nostra società. In quanto Esseri Umani, comunichiamo attraverso le parole, ma le parole non sono nulla senza il significato che decidiamo di dar loro. Nei secoli passati, il cristianesimo ha imposto il proprio significato delle parole, in accordo con la propria interpretazione delle cose, e tutti questi significati sono diventati il “significato comune” delle parole. Come stiamo cambiando il significato della parola “pagano”, così dovremmo fare per altre parole, per liberarle dalle “incrostazioni” e riportarle al loro antico splendore. Non voglio fare qui un vocabolario del paganesimo, ma solo dare un’occhiata ad alcune parole fondamentali (che ho scelto perché vengono dal sentiero pagano antico più vicino a me, quello italico-latino, e perché hanno la stessa derivazione in molte lingue europee, romanze o no) che vengono usate nel nostro cammino lungo il sentiero delle tradizioni antiche, riportandole al significato che veniva loro dato nel contesto pagano in cui sono nate.

Ciò è importante anche perché la parola tradizione, dal latino traditio, che deriva dal verbo tradere, non indica solo ciò che viene a noi dal passato e dai nostri antenati (e che perciò è considerato talvolta immutabile: in italiano, non so nelle altre lingue, si dice “la tradizione vuole che…” per indicare qualcosa che si fa, ma spesso senza comprendere o prestarvi troppa attenzione) ma anche quello che trasmetteremo alle future generazioni. In fatti, il verbo tradere significa “consegnare” o “trasmettere”: quindi il concetto originale di tradizione comprende la responsabilità per ciò che decidiamo di trasmettere e per la correttezza di esso, ha un significato attivo.

Le parole “pagano” o “paganesimo” sono l’esempio più chiaro di ciò che dicevo prima a proposito del dover cambiare il “significato comune” delle parole: anche se la parola è ancora usata in espressioni spregiative, a poco a poco viene rivendicata anche per indicare le antiche religioni politeiste che ritornano nel presente o religioni basate sul rispetto della natura e dei suoi esseri in quanto divini essi stessi. “Pagano” viene dal latino paganus, che significa abitante di un pagus, il quartiere di una città nei tempi antichi o, più tardi, un distretto rurale. Quindi paganus era sinonimo di campagnolo e il contrario di cittadino. In certi contesti era anche il contrario di soldato. Anche prima del cristianesimo poteva avere una connotazione dispregiativa, nel senso di rozzo o rustico: così lo usa Plinio il Giovane nelle sue Epistulae e così Persio descrive sé stesso come poeta (semipaganus) nelle sue Saturae, per sottolineare la durezza dei propri versi. Quest’ultimo significato è stato preso dai cristiani per indicare le persone di altre religioni in maniera dispregiativa: deorum falsorum cultores paganos vocamos, chiamiamo pagani chi adora falsi dei, dice Agostino. Nonostante ciò dobbiamo andare fieri di chiamarci “pagani”: in primo luogo perché gli abitanti delle campagne hanno conservato, quanto più possibile e quanto più a lungo possibile, le antiche religioni dal monoteismo imposto con la violenza e dobbiamo loro molto. Con orgoglio possiamo dire di essere i loro eredi, perché allora non dovremmo chiamarci pagani? E in più per la bella origine della parola: paganus e pagus vengono dal verbo pangere. Pangere ha molti significati che possiamo considerare sotto una luce “pagana”: sono tutti legati alla vita, alla gioia della vita e alla volontà, tutti valori fondamentali in qualsiasi tipo di paganesimo. Pangere significa “piantare” (vegetali, alberi, fiori… ma anche procreare figli), “scrivere” o “comporre” e quindi “celebrare”, e “intraprendere”. Anche questa parola ha un contenuto attivo.

Altra parola fondamentale è “religione”: lo stesso WCER ha scelto la definizione di “religioni etniche”, ma cosa significa “religione”? Ai giorni nostri siamo abituati alla definizione antropologica della parola: religione è un sistema di credenze, pratiche, riti di una certa popolazione, qualcosa che unisce le persone che li praticano. Al di fuori di un contesto accademico troviamo anche la definizione cristiana, che proviene da Lattanzio, per il quale la religione, e soprattutto la “vera religione” era ciò che lega l’uomo a dio, dal verbo ligare, che significa appunto “legare”. Pur potendo modificare il significato dato al verbo ligare come stiamo facendo per la parola “pagano”, abbiamo una definizione migliore che proviene dalla cultura che per prima usò il termine “religione”. E anche se viene dalla cultura romana antica, penso che il concetto di base si adatti a tutte le religioni che chiamiamo paganesimo.

In latino, religio aveva molti significati: nella vita di tutti i giorni era usato per “scrupolo” o “meticolosità”, come troviamo nelle commedie di Plauto (III secolo a.c.), ma in contesto religioso indica l’attenzione che la persona deve mettere nelle pratiche religiose. In Cicerone (De natura deorum, II, 28), troviamo che religio viene dal verbo relegere, raccogliere, e religiosus è colui che raccoglie le pratiche del culto degli dei, prestandovi estrema attenzione, scegliendo con cura le parole e i gesti. Religio è il contrario di neglegentia, negligenza, il trascurare gli Dei per indifferenza o disprezzo. Quindi in latino religiones (in contesti religiosi non è mai usato al singolare) sono tutte le pratiche religiose ma soprattutto il comportamento che gli uomini devono tenere durante queste ultime, rispettandone le regole. Ciò non significa accettazione passiva di esse, perché nello stesso passaggio in Cicerone leggiamo che il contrario di religio è anche superstitio, superstizione, cieca credenza in qualcosa; Cicerone afferma che superstitiosus, superstizioso, era in origine chi faceva sacrifici tutto il giorno, pregando gli Dei che facessero tornare superstiti (in latino superstites) i figli dalla battaglia o da un viaggio. Secondo molti altri autori, superstitio viene dal verbo supersistere per indicare qualcosa che devia da o va oltre (super) la religio. In Virgilio superstitio significa devozione senza senso, non illuminata. I cristiani usarono superstitio per definire tutte le religioni tranne la loro, soprattutto le religioni pagane, ma in realtà queste hanno una forte componente di partecipazione personale e attenzione che non troviamo nelle religioni monoteiste.

Abbiamo appena guardato tre semplici parole e ovunque abbiamo trovato una componente attiva. I pagani non possono sedersi e ascoltare un prete e basta per onorare Dei e Dee, ripetendo distrattamente gesti e frasi: religio significa scegliere gesti e frasi. Paganesimo non è passività, è camminare verso gli Dei, con le nostre gambe, onorando il mondo attorno a noi. Le Religioni Etniche non sono superstizioni: devono essere vissute. Dal momento che ogni esperienza è personale, la tradizione che viene dal passato può essere solo una conferma di ciò che stiamo vivendo, non qualcosa di immutabile o una scusa per evitare responsabilità, come viene usata talvolta. Se non prestiamo attenzione, se non siamo consapevoli di ciò che stiamo facendo, non pratichiamo il paganesimo. Dopotutto, in molte antiche tradizioni, sono gli eroi quelli che siedono accanto agli Dei, non chi è sottomesso, e questi eroi, umani o semidei, non aspettano che gli Dei vengano a loro o vengano per aiutarli, ma camminano incontro agli Dei con la propria volontà e consapevolezza.

Manuela Simeoni






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