5) LE BASI NERVOSE DELL’EMPATIA

Di Claudio Simeoni

 

EMPATIA E CAPACITA’ EXTRASENSORIALI!




Cod. ISBN 9788891185822

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Percezione

Sulla formazione della percezione

e la selezione

dei fenomeni percepiti

 

Si aprono continuamente nuovi campi di ricerca scientifica. La percezione degli individui, anche quando esula dalla “normalità”, diventa oggetto di studio, d’analisi scientifica. Si vuole indagare che cosa succede nel cervello della persona quando la persona afferma di fare o percepire cose inusuali. E quando la scienza accumula un numero di testimonianze sufficienti riconosce l’esistenza di fenomeni che lei non conosce. La scienza indaga.

Quando le testimonianze si accumulano, allora siamo in presenza delle necessità della scienza di riconoscere le basi biologiche dell’empatia, la capacità dell’uomo di percepire il mondo senza la necessità di descrivere fenomeni. Ciò che alla scienza sfugge è sempre una vecchia questione: l’organizzazione della scienza! Organizzare la ricerca della conoscenza: il ricercatore separato dal soggetto su cui compie la ricerca.

La scienza agisce sempre su “topi da laboratorio”. Analizza e seziona oggetti statici. Lo scienziato è “giudice di una situazione”. Lo scienziato analizza cosa succede nel cervello in chi prova quelle sensazioni, non è lui stesso a provare quelle sensazioni. Chi prova le sensazioni è un soggetto immerso nella vita, nelle contraddizioni dell’esistenza, lo scienziato si separa da queste per “poter ricercare”. Nel far questo lo scienziato studia l’empatia dell’altro. L’altro gli racconta che cos’è la sua capacità empatica e lo scienziato dice: “In questo momento vengono sollecitati questi e quei neuroni!”. Però non riesce a percepire la sensazione di chi quelle sensazioni, quelle emozioni, quelle percezioni le sta vivendo. Per cui non può capire la pratica d’insieme del soggetto che gli permette di innescare la propria empatia. Non conosce l’intensità della percezione empatica. Non conosce le possibilità del soggetto di usare quelle percezioni nel suo quotidiano.

Così lo scienziato ha accumulato una serie di testimonianze che dimostrano che esiste quella sensazione, ma non sa che cosa sia. Però, dimostra che quando il soggetto ha quella sensazione, qualcosa succede nel suo cervello. Lo scienziato non sa che cosa succede nella sua mente, nella sua coscienza, nella modificazione della sua capacità di percezione nel mondo. Lo scienziato registra. Non sa come quella specifica sensazione si può esprimere in quell’individuo, mentre non si esprime in maniera coerente, nello stesso modo, in tutti gli altri individui.

Così, a volte, anche se il ricercatore definisce l’oggetto della sua ricerca, non sa nemmeno quale sia:

 

La Repubblica

 

“Ora studiamo le basi nervose dell’empatia

Roma – “Gli ultimi anni hanno visto progressi enormi nel campo delle neuroscienze, ma il mistero resta”.  Salvatore Aglioti è neuropsicologo all’Università la Sapienza di Roma, “Quanto più si progredisce, tanto più aumentano i misteri, perché cresce la complessità delle funzioni che è possibile studiare”.

D. – Che cosa è cambiato in questi anni nello studio del cervello?

R. – “L’armamentario strumentale delle neuroscienze si è affinato al punto tale che oggi, per la prima volta nella storia dell’uomo, è possibile studiare con approcci scientifici dei soggetti che una volta erano proibiti, come la coscienza e certi aspetti complessi delle emozioni. Le neuroscienze hanno iniziato a porsi problemi che una volta rientravano nel dominio della filosofia o della psichiatria fenomenologica”.

D. – Qual è una delle frontiere delle neuroscienze cognitive?

R. – “Un settore di frontiera è senz’altro quello della così detta “social cognitive neuroscience”, neuroscienza sociocognitiva, in cui si inizia a studiare che cosa accade nel cervello di una persona quando entra in contatto col cervello di un altro. Facciamo un esempio: A e B sono uno di fronte all’altro e stanno parlando, quando A gira gli occhi in una certa direzione. A quel punto B inizia a tendere lo sguardo nella stessa direzione e poi comincia a formulare delle ipotesi sul perché A ha girato gli occhi, e quindi su che cosa c’è nella mente di A. In pratica si tratta di studiare il modo in cui interpretiamo gli stati mentali degli altri analizzando i loro comportamenti. Si cominciano a studiare, ad esempio, le basi nervose dell’empatia.

D. – Si parla anche si studi sulle basi biologiche dell’esperienza religiosa.

R. - “Con mille cautele, ma la comunità delle neuroscienze ha cominciato a chiedersi se ad un’esprienza religiosa corrisponde all’attivazione di determinate aree del cervello. E di fatto, corrisponde, sebbene non si possa parlare di rapporto causa-effetto, ma solo di correlazione. Ci sono dati che suggeriscono che, indipendentemente dalle credenze religiose individuali, la stimolazione di certe aree del cervello fa provare sensazioni che ricordano, dal punto di vista fenomenologico, le esperienze dei grandi mistici del passato”.

D. – La coscienza: perché viene definita come “l’ultimo mistero”?

R. – “Perché non si sa neanche come studiarla, in che termini parlarne. Nello studio dell’universo ci sono mille cose non scoperte, ma il paradigma è chiaro. Nel caso della Coscienza non si sa nemmeno che cos’è!”

 

Entrare in contatto con il cervello di un altro o un’esperienza religiosa portano ad attivare aree precise del cervello. La scienza questo lo può leggere. Può leggere l’attivazione dell’area cerebrale quando noi siamo in sintonia con qualcuno. Spostiamo lo sguardo, mettiamo attenzione in cose diverse, sincronizziamo la nostra attenzione, o, addirittura, quando sintonizziamo il nostro corpo e la nostra psiche su quella di un altro o quella degli oggetti del mondo che ci circondano.

Quando abbiamo un’esperienza religiosa, nella quale entriamo in sintonia con il sacro che ci circonda e che fa vibrare il sacro dentro di noi, il ricercatore vede attivarsi delle connessioni cerebrali.

Questo fiume di emozioni che fuoriesce dai nostri sentimenti e avvolge il mondo circostante è un atto di magia. Un atto di magia che si fissa nell’individuo trasformandone il modo attraverso il quale guardare e rapportarsi col mondo.

La scienza dice di poter capire che ad un’esperienza corrisponde l’attivazione di aree precise del cervello, ma la scienza afferma anche che se si attivano quelle aree del cervello non si ha quell’esperienza. Ciò tuttavia si produce qualche cosa nell’individuo: un’altra esperienza. C’è una correlazione fra l’attivazione di quell’area cerebrale e l’esperienza mistica o l’esperienza di sincronicità col mondo, ma, dice la scienza, è necessaria l’esperienza mistica o la sincronicità col mondo perché questa si fissi nell’individuo. Non basta attivare la medesima area per ottenere il medesimo effetto.

Dice la scienza: “Ci sono dati che suggeriscono che, indipendentemente dalle credenze religiose individuali, la stimolazione di certe aree del cervello fa provare sensazioni che ricordano, dal punto di vista fenomenologico, le esperienze dei grandi mistici del passato”.” “Fa provare sensazioni che ricordano...” Ma se l’individuo prova l’esperienza dei “mistici”, certamente attiva quell’area cerebrale solo che, in più, fagocita quell’esperienza che egli stesso ha cercato, coltivato, imposto, attraverso la sua azione. Se si attiva l’area si ha la sensazione, ma se si ha l’esperienza questa si fissa in noi attivando l’area.

Ed è la differenza fra l’uomo religioso e colui che ha avuto mille allucinazioni.

L’uomo religioso ha fagocitato la propria esperienza nella relazione fra sé e il mondo circostante. Ha trasformato quest’esperienza in conoscenza da trasmettere; chi prova allucinazioni trasmetterà soltanto le sensazioni allucinatorie che ha provato.

Eppure, probabilmente, entrambi hanno attivato la stessa area cerebrale!

 

Versione aggiornata'Come si forma la percezione in Stregoneria

 

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Claudio Simeoni

Meccanico

Apprendista Stregone

Guardiano dell'Anticristo

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