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Cronaca quotidiana di pensieri Pagani

17 novembre 2025

La Metafisica in Aristotele
Terza parte:
Le cause del venir in essere del mondo dei presocratici

Nel primo libro della Metafisica di Aristotele si assiste ad un Aristotele impegnato nella sua attività infantile volta ad imporre un padrone alla materia in trasformazione.

Qualcuno deve aver fatto il mondo, dice Aristotele. Un Aristotele onnipotente nascosto in una dimensione trascendente, capace di determinare, dirigere, condizionare la vita per i suoi scopi. Scopi che definisce come "Bene". Aristotele è cieco. Non si rende conto di essere il prodotto della materia e se apprezza il mondo in cui vive, capace di suscitare in lui meraviglia, è solo perché lui è nato in quel mondo in conseguenza delle trasformazioni del mondo. Il bambino Aristotele si guarda indietro e dice: "Qualcuno ha fatto in modo che io nascessi! Se qualcuno non avesse costruito il presente io, Aristotele, con tanta bellezza, non avrei potuto essere". Da dove nasce quest'idea di Aristotele? Da quello che gli hanno detto suo padre e sua madre fin da quand'era piccolissimo: "Ti abbiamo fatto io e tua madre, altrimenti tu non saresti nato". E il bambino Aristotele è cresciuto proiettando quest'immagine sull'intero universo. Se suo padre e sua madre hanno fatto lui, certamente qualcuno deve aver fatto l'universo.

Scrive Aristotele nella metafisica "Metafisica" libro primo:

La maggior parte dei filosofi più antichi ritenne che fossero princìpi di tutte le cose soltanto quelli che rientrano in una specie materiale. Infatti essi affermano che è elemento e principio delle cose esistenti appunto ciò di cui tutte quante le cose esistenti sono costituite e da cui primamente provengono e in cui alla fine vanno a corrompersi, anche perché la sostanza permane pur cangiando nelle sue affezioni, e per questo motivo essi sono del parere che nulla nasca e nulla perisca, giacché, secondo loro, un tale principio naturale si conserva sempre, proprio come noi non parliamo, a proposito di Socrate, di una generazione assoluta quando egli diviene bello o musico, né di una assoluta distruzione quando egli perde questi modi di essere, e ciò è dovuto al fatto che il soggetto, ossia la persona di Socrate, permane, e allo stesso modo né nasce né si distrugge in maniera assoluta alcun'altra cosa, giacché non può non esistere una certa sostanza naturale - tanto se si tratta di una sola quanto di più di una - da cui le altre cose si generano, mentre essa stessa riesce a conservarsi.

Aristotele, Metafisica, editore Hachette, 2016, pag. 16

"Nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma". Il principio di Lavoisier è stato successivamente ampliato da Albert Einstein, che ha scoperto che massa ed energia sono due aspetti della stessa realtà, come espresso nella sua famosa equazione (E=mc{2}). Questo significa che la materia può trasformarsi in energia e viceversa, ma la quantità totale di materia-energia dell'universo rimane costante.

Io ho voluto estremizzare quanto ha affermato Aristotele rispetto ai filosofi che chiama "antichi", ma il concetto di fondo della filosofia preplatonica non cambia.

La materia, dunque, la materia-energia, sono il fondamento dell'esistenza e nulla è al di fuori della relazione materia-energia in continua trasformazione.

L'esempio che Aristotele fa è frutto del suo delirio di onnipotenza. Socrate non è oggetto del discutere. In pratica, la discussione non verte sull'idea che Aristotele ha di Socrate come ente, ma la discussione prende in esame il corpo di Socrate che nasce, trasformandosi da feto in Essere Umano; si trasforma, crescendo sedimentando corpo e coscienza; si trasforma deperendo e si trasforma morendo diventando cibo per vermi nella terra. La materia corporea di Socrate si trasforma e nulla rimane ad Aristotele per affermare che la coscienza di Socrate si è trasformata permanendo. Per quanto riguarda Aristotele, col corpo di Socrate è morta anche la sua coscienza in quanto qualità del corpo.

La persona di Socrate muore, non permane. Permane la materia del corpo che si trasforma diventando altro.

Per quale motivo una sostanza dovrebbe conservarsi uguale a sé stessa fungendo da generatore di altre sostanze anziché trasformarsi a sua volta, proprio per generare altre cose?

Per la metafisica questo è un discorso fondamentale. Se qualche cosa permane, uguale a sé stesso, dovrebbe, come minimo essere dimostrato e non semplicemente affermato. Affermare che qualche cosa di indimostrabile permane in sé stesso è riconducibile ad un desiderio psicologico di eternità che dimostra paura nei confronti della fine della vita. Aristotele vorrebbe essere eterno, ma la sua vita finisce e, con essa, anche la sua coscienza.

Scrive Aristotele:

Non tutti, però, sono d'accordo sul numero e sulla natura specifica di tale principio, ma Talete, iniziatore di tale tipo di indagine filosofica, sostiene che esso è l'acqua (perciò egli asseriva che anche la terra galleggia sull'acqua), e forse questa sua opinione gli fu suggerita dall'osservazione che è umido ciò di cui ogni cosa si alimenta e che anche il caldo nasce dall'umidità e sopravvive per mezzo di essa (del resto è principio di tutte le cose ciò da cui queste traggono l'origine), né soltanto in base a ciò egli ha concepito una tale teoria, ma anche in base al fatto che hanno natura umida i semi di tutte le cose, e l'acqua è appunto il principio naturale delle cose umide.

Aristotele, Metafisica, editore Hachette, 2016, pag. 17

Talete individua l'acqua come indispensabile per la vita e per la terra stessa. Senza l'acqua, la vita, come noi la conosciamo, non esisterebbe. Dunque, per Talete, prima fu l'acqua e dalle trasformazioni indotte dagli oggetti che contenevano acqua si è generato il presente.

Questo ragionamento è alla base delle idee di Talete sull'origine della vita.

Questo ragionamento di Talete è inattaccabile. Si può dire che è parziale rispetto all'insieme del divenuto della vita e che altri elementi sono alla base della vita, ma non si può dire che quanto afferma Talete non fosse coerente con la vita stessa.

Aristotele ci spiega perché Talete ha concepito tale teoria. La spiegazione di Aristotele non è la spiegazione di Talete, ma è quanto Aristotele immagina come lui avrebbe spiegato se fosse stato al posto di Talete e avesse affermato quanto Talete ha affermato.

Quando si analizza un personaggio che cita qualcuno, è necessario distinguere la sostanza della citazione dall'interpretazione che chi lo cita fa della citazione. Troppo spesso non si cita per esteso, ma solo l'affermazione che viene decontestualizzata e inserita in un diverso contesto.

Scrive Aristotele:

Anzi ci sono alcuni i quali credono che anche gli antichissimi, che vissero molto prima dell'attuale generazione e che per primi teologizzarono, ebbero questa concezione della natura; essi, infatti, rappresentarono Oceano e Teti come genitori del divenire e il giuramento degli dèi come eseguito su un'acqua, alla quale essi stessi [poeti] diedero il nome di Stige, giacché ciò che è più vetusto è più rispettabile, e un giuramento è la cosa più degna di rispetto. Se, però, una siffatta opinione sulla natura sia davvero primitiva ed antica, non si può dire con certezza; di Talete, invece, si dice che in tal senso egli ha parlato della prima causa (né si potrebbe pretendere di collocare tra questi pensatori anche Ippone per lo scarso valore del suo pensiero); Anassimene e Diogene, invece, pongono l'aria come anteriore all'acqua e come principio fondamentale dei corpi semplici, mentre Ippaso di Metaponto45 ed Eraclito di Efeso pongono il fuoco, ed Empedocle i quattro elementi, aggiungendo ai suddetti come quarto la terra (giacché questi sempre permangono e non sono generati, ma si accrescono o diminuiscono solo quantitativamente, secondo che essi si fondono per comporre un'unità ovvero si separano da questa); Anassagora di Clazomene, invece, che è più anziano di Empedocle, ma che ha prodotto la sua opera dopo di lui, afferma che i princìpi sono infiniti; infatti egli dice che quasi tutte le cose formate da parti simili, come sono appunto l'acqua o il fuoco, nascono e periscono in questo modo, cioè soltanto per aggregazione e separazione, mentre sotto altri aspetti esse né nascono né periscono, ma permangono eterne.

Aristotele, Metafisica, editore Hachette, 2016, pag. 17-18

Omero fa risalire la nascita del mondo da Oceano e Teti. Teti (o Tetis) era una Titanessa, figlia di Urano e Gea, ed era la consorte e sorella di Oceano. E' la personificazione dell'acqua e delle acque dolci. Fu madre delle Oceanine (ninfe marine), dei Potami (divinità dei fiumi come il Nilo, Alfeo e Meandro) e le Nefelai (ninfe delle nuvole e della pioggia). In sostanza, fu madre dei mari, dei fiumi, delle nuvole e della pioggia.

Oceano era considerato il più antico figlio di Urano e Gaia, datore di vita attraverso le acque. Non partecipò alla Titanomachia e non fu relegato nel Tartaro continuando a scorrere attorno alla terra alimentando sorgenti, fiumi e mari.

L'affermazione è in Omero e, dunque, come minimo dell'VIII secolo a.c., probabilmente, molto precedente.

L'acqua era già considerata fonte e origine della vita ben prima di Talete.

Poi, Aristotele cita Anassimene e Diogine (412-323) affermano che l'aria è precedente all'acqua, indicandola come principio fondamentale dei corpi semplici mentre Ippaso ed Eraclito pongono il fuoco come iniziatore della vita.

Nessuno di costoro ha torto. Dipende da dove si poggia lo sguardo sul passato e dell'importanza che il soggetto dà all'elemento che concorre a costruire la vita.

Senza l'aria, Zeus, la vita della natura non sarebbe nata. E' Zeus, l'atmosfera, che costringe Cronos, il tempo, a vomitare i suoi fratelli. Senza Zeus, Cronos avrebbe continuato a proteggere i suoi figli dentro di sé.

Senza il fuoco, sia come oggetto fisico che come oggetto simbolico del fuoco emotivo che pervade l'universo, la vita, come noi la conosciamo non sarebbe possibile

Aristotele afferma che Empedocle, ai principi suddetti, aggiunge, come quarto elemento, la terra.

Senza la nascita della terra, la vita non è possibile. La Terra non è Gaia o Gea, anche se viene indicata come Gaia o Gea. Gaia o Gea sono tutta la materia dell'universo, sia dell'universo conosciuto da Aristotele che dell'universo come lo conosciamo noi. La terra, il nostro pianeta, è una frazione di Gaia o Gea, ma è diverso da Gaia o Gea per i suoi processi di trasformazione nel corso della sua esistenza.

Per Empedocle, dunque, la vita, come noi la conosciamo, nasce dall'acqua, dall'aria, dal fuoco e dalla terra.

Anassagora, dice Aristotele, afferma che i principi da cui il presente viene in essere, sono molti, infiniti, si aggregano e si disgregano, alcuni permangono per tempi maggiori, nascono e periscono mentre altre permangono eterne.

L'eternità, per quanto riguarda la visione umana, è proprio della materia-energia dell'universo. Il nascere e il morire sono le forme con cui la materia-energia dell'universo si presentano. Elementi si aggregano e si disgregano in un continuo processo di trasformazione dove nulla permane uguale a sé stesso e la materia stessa, pur apparendo eterna, si aggrega e si disgrega in un infinito numero di forme.

Scrive Aristotele:

Risulterebbe, pertanto, dall'esame di queste teorie che sia causa soltanto quella che si chiama di specie materiale; ma, mentre quei filosofi andavano avanti in questo modo, la realtà stessa fece loro da guida e li costrinse ad approfondire l'indagine: difatti, se è vero che ogni generazione e ogni distruzione derivano da un solo principio o anche da molti, perché mai accade questo, e quale ne è la causa? E' senza dubbio impossibile che il sostrato, da solo, provochi il suo stesso cangiamento; voglio dire, ad esempio, che né il legno né il bronzo sono causa del loro stesso mutamento, né il legno si mette a costruire un letto o il bronzo una statua, ma c'è qualche altra cosa che causa il cangiamento. E ricercare quest'altra cosa significa appunto portare l'indagine sull'altra causa, cioè su quella da cui, per così dire, prende inizio il movimento.

Aristotele, Metafisica, editore Hachette, 2016, pag. 18-19

A questo punto, Aristotele inizia a contestare i filosofi presocratici perché, pur avendo indicato elementi fondamentali che hanno consentito il divenuto dell'universo, non indicano la causa che sta a monte degli elementi stessi e dell'ordinamento che le trasformazioni hanno ottenuto.

Appare chiaro, immediatamente, che se Talete dice che la causa del presente è dovuta all'acqua, il presente, non essendo acqua, ma composto di acqua, significa che c'è stato tutto un processo di trasformazione, a cui l'acqua ha concorso in maniera vitale, che ha permesso il venir in essere della vita fatta attraverso la partecipazione fondamentale dell'acqua. Da un "universo di acqua" al presente composto di acqua.

Aristotele dimostra tutto il suo infantilismo in filosofia quando afferma: "voglio dire, ad esempio, che né il legno né il bronzo sono causa del loro stesso mutamento, né il legno si mette a costruire un letto o il bronzo una statua, ma c'è qualche altra cosa che causa il cangiamento". Questo esempio appartiene all'infantilismo. Gli oggetti d'uso degli uomini sono fatti dagli uomini, ma la montagna non è fatta da qualcuno, ma dagli adattamenti per i movimenti tellurgici. L'erosione delle coste non è fatta da qualcuno, ma dagli adattamenti delle coste all'infrangersi delle onde. La vita non è fatta da qualcuno, ma è l'adattamento di una specifica materia a specifiche condizioni incontrate.

La spada che hai è stata forgiata da un fabbro, ma questo non ti autorizza ad estendere l'idea che possa esserci un fabbro dell'universo.

Da qui inizia il discorso relativo alla metafisica di Aristotele che, ignaro dei processi di trasformazione del presente, estraneo alla vita degli uomini, è alla ricerca di un padrone della vita che ritiene nascosto oltre le cose e il loro divenuto.

Fine Terza parte

 

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