Cosa sono i sensi di colpa
come liberarsi dai sensi di colpa

La psicologia della Stregoneria

Capitolo cinque

di Claudio Simeoni

Cod. ISBN 9788893329187

Indice psicologia e crogiolo dello Stregone

 

Come liberarsi dai sensi di colpa imposti dal cristianesimo
mediante la manipolazione mentale sull'infanzia

In questo testo trattiamo ciò che psichiatri e psicologi, organizzati in associazione eversiva dell'ordine costituito, tacciono per i loro personali interessi. Nessuno vuole disconoscere i meriti della psicoanalisi, della psicologia e della psichiatria. Ciò che viene censurato come IMMORALE è l'uomo psichiatra, l'uomo psicoanalista e il loro venir meno alle aspettative che in loro pone la società civile.

Grazie alla loro codardia (e ai soldi che per manifestarla intascano oltre alla garanzia di "poter svolgere in pace la loro professione") la depressione sta alimentando il disagio sociale. Queste persone, che nascondono le loro responsabilità sociali, contribuiscono in maniera determinante a trasformare un problema sociologico (gli effetti sociali della depressione e le cause alla sua origine) in un problema di polizia al fine di assicurare a sé ed ad altri un ingiusto profitto.

Appena chiuso una trasmissione di qualche tempo fa, mi ha telefonato una persona che asseriva di aver fatto qualche cosa di cui egli si vergognava e che trovava orribile. Affermava di provare dei violenti sensi di colpa dai quali non riusciva a liberarsi.

Questa persona affermava che, analizzando il proprio comportamento, trovava molte giustificazioni a sostegno delle sue scelte ma, nonostante questo, era tormentata.

Sottolineava anche il "giudizio della gente" che considerava importante e che avvertiva come un peso ossessivo.

Questa persona chiedeva consiglio su come comportarsi o su come risolvere o giudicare la situazione psicologica in cui era coinvolta. Omise, come mi parve naturale, di raccontare la vicenda che tanto l'aveva afflitta.

Questo è un problema di Libertà!

Per questo motivo possiamo fornire qualche elemento per poterlo affrontare.

Il problema di Libertà è quello che impedisce lo sviluppo di Libertà nell'Essere Umano e che viene ostacolato da un senso di colpa che l'Essere Umano avverte come opprimente.

Il senso di colpa è una barriera psicologica che viene a frapporsi fra l'idea dell'individuo di agire per soddisfare le proprie pulsioni e le possibilità psichiche di mettere in atto quelle azioni per trasformarsi. Il senso di colpa blocca l'individuo in un presente che gli nega ogni possibilità d'azione.

Un ostacolo davanti al quale il percorso di Libertà dell'Essere Umano si infrange.

Il problema è chiaramente esposto in maniera generica, in quanto la questione centrale è l'ossessione che la violazione di un "divieto morale educazionalmente imposto" agisce sulla coscienza e sulla rappresentazione dell'individuo. Possiamo, comunque, chiederci: come il Paganesimo Politeista si pone davanti ad un problema in cui è coinvolto, bloccandolo, il sentire di una persona?

La prima cosa da dire è che se quanto commesso aveva dei risvolti "penali" o sociali, con quei risvolti l'individuo deve fare i conti. Magari contrattando per pagare un prezzo il più basso possibile.

Io ho conosciuto delle persone che avevano commesso delle sciocchezze (azioni irrilevanti dal punto di vista sociale o penale), ma la paura di essere scoperte, denunciate o smascherate le ha inchiodate per quindici anni bloccando la loro attività anche sul semplice piano delle relazioni personali. Non era quello che avevano commesso che era pericoloso per loro, ma l'incapacità di valutare l'impatto e il prezzo che avrebbero dovuto pagare per liberarsi della paura. La paura di ciò che avevano fatto le ha costrette a pagare un prezzo infinitamente più alto che non quello che avrebbero pagato affrontando direttamente le proprie responsabilità, sia in ambito sociale che penale.

Detto questo, rimangono due aspetti importanti: l'individuo in sé e la relazione fra l'individuo e quello che per lui è il circostante. I due aspetti si possono trattare separatamente dove il terzo aspetto, la relazione fra i due, altro non è che il prodotto della relazione fra soggettività ed oggettività o relazione fra soggetto e soggetto.

Proviamo a definire ipoteticamente la persona di cui stiamo parlando:

1) è consapevole di aver commesso qualche cosa di riprovevole;

2) considera quanto ha fatto degno di riprovazione;

3) è bloccato nella sua attività e nella sua vita dall'autodisapprovazione di quanto ha fatto;

Proviamo, ad esempio, ad immaginare un'azione aberrante alla quale non può più essere posto un qualche rimedio, come un omicidio per futili motivi o qualche cosa del genere.

Un individuo che commette un omicidio per motivi apparentemente inesistenti diventando consapevole del gesto compiuto. Diamo per scontato che costui sia preda di problemi psicologici che gli appaiono irrisolvibili.

Egli è prigioniero di quel gesto. Quel gesto segna la sua vita!

Cosa può fare una persona in questo caso?

Innanzi tutto egli non era né un Pagano Politeista né un Apprendista Stregone o un Psichista Pagano. Queste figure o si relazionano vivendo in armonia col mondo che le circonda, oppure vivono per sfida, strategicamente. In ogni caso, ogni gesto e ogni azione, nei limiti delle loro scelte, è frutto delle loro determinazioni. Anche se all'esterno l'azione può apparire aberrante essi ne hanno determinato le condizioni in funzioni delle loro scelte. Probabilmente pagheranno il prezzo sociale della scelta, ma questa è all'interno del proprio esistere e non incide sul loro piano psicologico.

Chi sente un peso psicologico oppressivo è un Essere Umano che il cattolicesimo ha allevato innestandogli il concetto di "senso di colpa" in quanto egli, per il cattolicesimo, per il solo fatto di vivere, è colpevole.

La colpevolezza, che gli Esseri Umani si attribuiscono, ha radici emozionali, psichistiche: non ha radici logico-razionali. Cosa significa questo? Significa che l'attribuzione a sé stessi di uno stato di colpa viene innestato in una struttura educazionale che ha predisposto questo individuo a ritenere morale la sottomissione e l'obbedienza. L'individuo è stato manipolato in modo tale che qualora si sottragga alle regole emozionali-comportamentali del gregge cui appartiene, si sentirà talmente colpevole da chiedere egli stesso l'espiazione della presunta colpa.

Chiede di espiare.

Si infligge pene e privazioni tanto più dolorose quanto più si ritiene colpevole di aver commesso qualche cosa che lo ha allontanato dal gregge. Da quei doveri morali che ritiene sia la regola del gregge al quale desidera continuare ad appartenere e al quale chiede approvazione per le sue scelte e i suoi atti.

Nel cattolicesimo c'è la recitazione ossessiva del "Mea culpa" dove, ad un certo punto, il penitente dice "Mea grandissima colpa". Questa recitazione imposta al bambino, quando è ancora piccolissimo, crea la predisposizione emozionale per l'auto colpevolizzazione.

La recita continua e ossessiva equivale alle sbarre della gabbia nella quale viene tenuto segregato il cane di Pavlov.

Recita dopo recita l'Essere Umano impara a salivare!

L'Essere Umano impara a rispondere alle sollecitazioni emozionali che la recitazione del "Mea culpa" e simili gli hanno imposto. La sua struttura emozionale coincide con la recita ossessiva delle parole. Le parole recitate ne predispongono la struttura emozionale. Anche se egli dimenticherà le parole e dimentica gli atti di contrizione cui è stato sottoposto, di fatto, la modificazione della struttura emozionale è andata nella direzione che chi gli imponeva la recita ossessiva voleva.

La struttura emozionale è stata addestrata a rispondere, ricevendo delle sollecitazioni dall'oggettività, in quella e solo in quella direzione.

Di quella direzione l'individuo è prigioniero. Quella direzione gli impone i "sensi di colpa" per azioni che non sono allineate col condizionamento educazionale che costruisce le sue sbarre lasciandogli come alternativa estrema la possibilità di sviluppare una "risposta cinica".

Che cos'è una "risposta cinica"? E' l'affermazione razionalizzata che quel condizionamento educazionale non esiste; egli, in quanto individuo, è libero di fare quello che vuole e quando vuole. La "risposta cinica" rappresenta un grande sforzo dell'individuo nel tentativo di seppellire e nascondere quanto gli "brucia" nascosto da un atteggiamento spavaldo e arrogante. Quando l'azione compiuta infrange la rigidità della barriera della "risposta cinica" l'individuo si trova davanti alla sua struttura emozionale condizionata nella direzione socialmente determinata.

Può essere che la "risposta cinica" diventi elemento della struttura emozionale?

Soltanto se la "risposta cinica" è socialmente vincente (promuove lo status sociale dell'individuo) e quando viene riprodotta senza contrapposizioni per un arco di tempo lungo quasi quanto è stato necessario per costruire il condizionamento educazionale.

La "risposta cinica" avrà tante più possibilità di riuscita nella giustificazione soggettiva delle azioni fatte se la "risposta cinica" va nella stessa direzione nella quale il condizionamento educazionale conduce il soggetto. Facciamo un esempio sociale. I cappellani al servizio del criminale cardinale Pio Laghi convincevano i torturatori argentini che la loro attività era meritoria in quanto le torture e le stragi erano fatte per la difesa della fede dagli atei e dal comunismo. La risposta cinica che veniva data dai torturatori dipendenti di Pio Laghi andava nella stessa direzione nella quale i torturatori erano stati condizionati ad essere, da parte della chiesa cattolica. Era sufficiente identificare la loro azione con quella del loro dio padrone al quale tutto era permesso, per essere assolti da ogni senso di colpa.

Nel nostro caso la "risposta cinica" potrebbe essere: "Io ho ucciso quell'uomo perché non si sottometteva al dio padrone!" l'aver agito in nome del dio padrone (per lo spirito, come dice Paolo di Tarso) scioglie da ogni senso di colpa perché l'individuo, anche se ha ucciso, lo ha fatto nella direzione in cui il condizionamento educazionale ha condotto le sue emozioni (come Mosè quando fece macellare i parenti, madri, padri e figli, degli ebrei).

La "risposta cinica", in questo caso, supera il "non uccidere" che la chiesa cattolica instilla in tutti i bambini affinché non agiscano contro di lei e nello stesso tempo va nella direzione di esaltazione del dio padrone e nel soddisfare il bisogno di comunione con l'assoluto del fedele. "Uccidi l'altro, il mio nemico, a mia maggior gloria!"

Appare evidente, da quanto affermato, che il vero problema da affrontare non è insito nell'atteggiamento dell'individuo davanti all'azione che ha fatto, ma nella sua struttura emozionale condizionata che ha costruito la sua oppressione emozionale, spingendolo all'azione come risposta ai suoi bisogni. La struttura emozionale condizionata alla morale imposta, nella necessità soggettiva dell'individuo di soddisfare i propri bisogni, ha costruito i sensi di colpa imprigionandolo nelle sue scelte.

I sensi di colpa per l'azione commessa altro non sono che elementi di una trappola emozionale che tenta di ingabbiare e costringere l'individuo, specie quando sorgono dei dubbi soggettivi sulla validità sociale della direzione espressa dalla propria struttura emozionale, dentro una gabbia che lo imprigiona. I "sensi di colpa" hanno lo scopo di riaffermare il dominio del condizionamento educazionale imposto sull'individuo impedendogli di uscire dalla struttura morale di cui il suo condizionamento è portatore e che le sue scelte hanno violato.

Se noi affrontassimo la condizione manifestata dall'episodio a cui l'individuo attribuisce la nascita dei suoi sensi di colpa come elemento a se stante, altro non faremmo che correre contro un muro di gomma lasciando inalterata la struttura emozionale che quel muro costruisce. Lasceremmo inalterata la sua capacità di riprodurre trappole entro le quali ingabbiare la costruzione del nostro futuro. L'episodio in sé è irrilevante come agente nel produrre i sensi di colpa; esiste una predisposizione soggettiva, educazionalmente imposta, che avrebbe sfruttato qualsiasi altro episodio della vita per imporre sensi di colpa. Perché il senso di colpa è un metodo "militare" che agisce sulle emozioni al fine di sottomettere l'individuo.

Dunque: Affrontare e rimuovere la struttura emozionale dandogli una nuova direzione di sviluppo permette di superare anche il problema che si è manifestato!

Il Crogiolo dello Stregone contro i sensi di colpa

Gli elementi del Crogiolo dello Stregone che entrano in gioco quando la struttura emotiva è attraversata dai sensi di colpa sono:

1) Toglierci dal centro del mondo;

2) Meditazione;

3) Ascoltare il mondo attorno a noi;

4) Chiedersi il perché delle cose;

5) Chiamare le cose col loro vero nome;

Anche gli altri elementi del Crogiolo dello Stregone concorrono, ma appare evidente che il problema è posto da chi non pratica il Crogiolo. Da chi vive in una situazione disperata come risultato delle risposte che egli ha dato a situazioni oggettive partendo dal suo condizionamento educazionale.

Il momento della disperazione che egli manifesta è un momento di spinta per le sue trasformazioni. Gli elementi che consideriamo sono sufficienti per iniziare ad affrontare la situazione che sta vivendo chi è attraversato dai "sensi di colpa".

Toglierci dal centro del mondo

La persona, a cui ci stiamo riferendo, ha commesso (o ritiene di aver commesso) qualche cosa che, secondo la sua ragione, non avrebbe mai dovuto commettere. La sua ragione, in qualche modo, l'ha convinta che lei è creata ad immagine e somiglianza del dio padrone. Quanto ha fatto, secondo la sua ragione, è stato venir meno al suo essere immagine e somiglianza del dio padrone. Ha mancato. Ha fatto delle azioni che non erano in linea con i dettami del dio padrone e di quella che il suo condizionamento educazionale reputa la morale quale espressione del dio padrone dentro di lui. Ha peccato! Non è più immagine e somiglianza del dio padrone, è venuto meno ai suoi dettami e alle sue manifestazioni.

L'azione, qualunque sia, non è riprovevole in sé stessa, ma solo perché ha minato l'unità dell'individuo con il suo dio padrone.

L'elemento centrale della questione sta nell'immedesimazione dell'individuo con la descrizione imposta del dio padrone. Anche se la sua concezione "filosofica" fosse un'adesione all'ateismo o qualunque altra regola morale, la sua ragione, nel momento stesso in cui fissa delle regole comportamentali ed etiche alle quali costringe l'Essere Umano, si è sempre identificata con il dio padrone.

E' la ragione, la descrizione, padrona dell'Essere Umano!

E' il suo dover essere!

E' il suo dover dire!

E' il suo: devi fare questo!

E' il suo agire affinché l'Essere Umano si adegui alla sua descrizione e ai suoi concetti imposti in modo aprioristico. La sua ragione si identificherà con la morale, l'etica e le imposizioni del dio padrone anche quando razionalmente e filosoficamente negherà l'esistenza del dio padrone.

Togliersi dal Centro del Mondo significa costringere la ragione a pensarsi parte del mondo. Una parte piena di difetti e di mancanze che davanti alle tensioni e ai bisogni, che dal profondo dell'individuo tentano di sgorgare all'esterno, è inadeguata e risponde sempre con strumenti inadeguati.

Per fare praticamente questo è necessario, nella vita quotidiana, mettere in evidenza più le nostre inadeguatezze e i nostri errori che non i nostri successi. In Stregoneria è importante affrontare la vita. Se gli strumenti che noi abbiamo sono inadeguati commetteremmo molti errori. Vantarci degli errori commessi significa vantarci dell'esperienza che accumuliamo. Nascondere gli errori dietro i nostri successi significa vergognarci di ciò che siamo e impedire il nostro miglioramento.

Come ci si toglie dal centro del mondo?

Spostando la centralità su un soggetto esterno a noi. Un soggetto che la descrizione della ragione reputa "inferiore" o addirittura oggetto di disprezzo. Il dio padrone disprezza gli schiavi mentre li porta al macello. Così la ragione padrona dell'individuo è deferente rispetto a chi ritiene più forte e si comporta in modo sprezzante nei confronti di chi ritiene più debole. L'Essere Umano che si considera ad immagine e somiglianza di un dio padrone disprezza il mondo mentre, anche inconsapevolmente, lo distrugge costruendo una sovrastruttura di autodifesa alla sua struttura emozionale che genera indifferenza soggettiva per la distruzione che sta operando. E' necessario, prima di tutto, togliere la sovrastruttura che genera indifferenza nei confronti della distruzione. Come esercizio tecnico si può iniziare parlando ad una pianta o ad un piccolo animale soggettivando il suo sentire, i suoi bisogni e le sue necessità. Una pianta, magari in vaso, ha bisogno di acqua. Quando non ha acqua tende ad appassire. Non s i sente colpevole perché appassisce, né accusa alcuno di farla appassire. Non avverte un venir meno dei doveri morali perché sta appassendo. Appassire è un modo per adattarsi e cercare di sopravvivere (magari solo con le radici) il più a lungo possibile. Non ha mancato a dei doveri morali o etici. Ella tenta di vivere al meglio. Così, anche noi, quando subiamo delle sollecitazioni dall'esterno ci adattiamo per tentare di vivere al meglio solo che, anziché adattarci semplicemente, sovrapponiamo alla nostra azione di sopravvivenza uno strato morale frutto del condizionamento educazionale che svuota il significato materiale del nostro adattamento per trasformarlo in un atto di coscienza e di emotività. Anziché ricercare le cose e il loro valore, ruotiamo all'interno di un vortice sterile chiedendoci dove e perché abbiamo moralmente sbagliato.

Quando la pianta, a cui parliamo, sta male si devono cercare tutti gli elementi che le consentano di stare meglio. Si legge e ci si informa. Si interiorizzano i suoi bisogni si cerca di capire esattamente come se noi fossimo una pianta; quella pianta. Si parla alla pianta tutti i giorni esaltando le nostre sfide e articolando i nostri progetti e le nostre aspettative. La pianta, quella pianta, risponde emozionalmente. Non è il concetto di "amore" tanto caro ai cristiani: "Tu devi amarmi qualunque cosa faccio!" ma è una forma di interazione emozionale fra l'Essere Umano e il soggetto delle sue attenzioni che, considerandolo uguale a sé stesso, agisce come se fosse un altro sé stesso.

Questo vale con tutto il mondo che ci circonda. Posso parlare alle piante, agli uccelli, alle rive di un fiume, ad una strada, alle nuvole, al cielo, al Sole, alla Luna e a tutto quanto mi circonda. Quanto mi circonda non risponde alla mia ragione ma risponde alla mia struttura emozionale.

Devo comprendere che io sono come tutti loro: nella vita ci provo. Nella vita attuo le mie specificità e affronto le contraddizioni dell'esistenza con quanto ho, adattandomi alle sollecitazioni che dal mondo esterno giungono a me. Io sbaglio non perché commetto degli errori, ma perché le scelte che faccio sono condizionate dal mio divenuto emozionale, culturale e morale. Ma i miei errori non sono errori, sono il meglio che io potevo esprimere in quella situazione date quelle condizioni. Il fiume, il cui corso è sbarrato, non commette un errore formando un lago, ma risponde soggettivamente a delle imposizioni esterne. Il fulmine non è un assassino perché ha ucciso un uomo che si era rifugiato sotto un albero per ripararsi dalla pioggia. Il fulmine ha seguito il corso delle sue tensioni. Non deve pentirsi per questo.

Quando si viene educati a pensarsi padroni del mondo per mandato di un altro padrone che impone la morale comportamentale, si tende ad estendere quelle categorie morali al giudizio con cui pensiamo l'esistere di altri soggetti nel mondo. Estendiamo la nostra morale al mondo come se la nostra morale fosse oggettiva.

La malattia sta nella dipendenza da una qualche forma di oggetto da cui si fa dipendere la veicolazione della nostra struttura emotiva cercando delle risposte consolatorie. Vale per il prete cattolico come per il computer.

Il prete cattolico millanta una sorta di potere che gli deriva dal dio padrone e il computer è un organo meccanico che non ha accompagnato lo sviluppo della nostra specie nel corso delle generazioni. E' più facile che la relazione, al fine di ottenere delle risposte emozionali, avvenga con un fossato d'acqua inquinata che non con un computer.

In questo "toglierci dal centro del mondo" l'importanza si trasferisce da noi stessi "all'insignificante", ma nello stesso tempo attraverso gli occhi "dell'insignificante" comprendendo come noi siamo insignificanti nel mondo che ci circonda. In quel momento possiamo pensarci come parte del mondo che ci circonda. Una parte più o meno insignificante nel mare delle contraddizioni esistenti. In queste contraddizioni stiamo nuotando con i nostri mezzi. Se su quel mare si leva una tempesta è inutile identificarsi con l'onnipotenza del dio padrone. Anche quella tempesta la affrontiamo con i nostri mezzi. Non c'è infamia ad essere inadeguati davanti alle condizioni della vita. L'infamia sta nel proporre un modello al quale pretendere che gli Esseri Umani si adeguino e colpevolizzarli qualora, nelle condizioni della vita, non dimostrino le qualità magnificate nel modello morale imposto.

Guardare il mondo con gli stessi occhi con cui guardiamo qualche cosa di apparentemente insignificante, trasferendovi la nostra emotività, ci permette di comprendere come quanto facciamo sia spinto da forze comuni nel mondo in cui viviamo e che noi interpretiamo attraverso il nostro condizionamento educazionale.

Proviamo a tornare ora alla persona di cui stiamo parlando.

Se si fosse tolta dal centro del mondo avrebbe visto nel soggetto a cui aveva fatto l'azione che opprime la sua "coscienza" una consapevolezza uguale alla sua. Avrebbe compreso che quanto stava facendo, spinto dalle sue tensioni, era il tentativo di risolvere una contraddizione che stava vivendo. Risolvere una relazione. Affermando, come si è fatto nell'esempio, che questa persona ha commesso un omicidio, il suo essere "al centro del mondo" non gli permette di scorgere che anche colui a cui ha messo fine alla sua vita era spinto da tensioni e bisogni che lo hanno portato ad interagire con le sue necessità.

L'Essere Vegetale espande le sue radici per migliorare le proprie condizioni di vita, non per "il gusto" di togliere spazio ad altri Esseri Vegetali o per rovinare l'asfalto di una strada. Questa persona, se si fosse "tolta dal centro del mondo" avrebbe incontrato nell'individuo, a cui ha tolto la vita, le stesse tensioni e gli stessi suoi intenti. Individuati i bisogni e le tensioni in chi gli sta davanti, avrebbe messo in essere strategie diverse da quelle che lo hanno portato ad eliminare l'antagonista. Non era l'antagonista lo stava minacciando, ma tensioni e bisogni a cui l'antagonista tentava di rispondere.

Risolvere una contraddizione con l'altro nel sistema sociale è proprio dell'ideologia del dio padrone. L'identificazione col dio padrone cristiano. Dal momento che l'altro è una verità creata dal dio padrone, non esiste altra soluzione, per risolvere la contraddizione, che ucciderlo. Il cristiano si chiede: come posso io modificare l'altra persona che è stata creata ad immagine e somiglianza del dio padrone? Non si può modificare quanto creato dal dio padrone. Lo si può solo sopprimere, uccidere. Ma dal momento che solo il dio padrone può uccidere, ne segue che chi ha ucciso, e non lo ha fatto in nome del dio padrone, vive i sensi di colpa per aver violato un'imposizione morale in feroci sensi di colpa che bloccano la trasformazione della usa vita. Una trasformazione che egli stesso ritiene impossibile in quanto anch'egli si ritiene creato ad immagine e somiglianza del dio padrone.

L'individuo, di cui stiamo parlando, era assolutamente privo dell'idea che colui con cui si relazionava era a sua volta attraversato da bisogni e tensioni e che, individuando quei bisogni e quelle tensioni, avrebbe potuto mettere in atto delle strategie diverse. Avrebbe potuto limitarsi ad alterare quella tensione o quel bisogno, che trasformava il suo interlocutore in oppressione, per liberarsene senza per questo giungere ad annientare tutta la persona.

Considerare il mondo uguale a noi significa scoprire nel mondo e nelle varie Coscienze che ci attorniano le stesse forze, le stesse tensioni e gli stessi bisogni.

Quando un individuo non si è tolto dal centro del mondo si considera un dio oggetto dell'attenzione di chiunque. La sua "importanza" è oggetto di attenzione ed egli considera che quanto lo opprime sia qualcuno che vuole togliergli o minare la sua identificazione col dio padrone.

Costui deve essere annientato, eliminato, "messo al suo posto". Costretto a riconoscere che solo noi siamo ad immagine e somiglianza del dio padrone anche quando, ammirati, guardiamo qualcuno che riteniamo più importante di noi, più uguale di noi al dio padrone e non si comprende come il suo "nemico" non lo consideri come noi uguale al dio padrone.

Ci si può togliere dal centro del mondo anche considerando il mondo in cui viviamo alla stessa stregua del ventre di una grande madre qual è l'Essere Natura e noi, in quel ventre, assieme a tanti altri Esseri, tentiamo di crescere.

Esistono altre tecniche, ma tutte, per essere efficaci, devono agire sulla struttura emozionale. Per poter agire sulla struttura emozionale devono essere ripetitive, sistematiche e coinvolgere le emozioni di una persona. Un fatto, anche traumatico, non modifica la struttura emozionale, semmai porta in luce quanto nella struttura emozionale era nascosto. La struttura emozionale è come un serbatoio di risposte "istintuali" che viene costruito attraverso le esperienze dell'intera vita. Nei momenti di crisi emozionale, quanto c'è in quel serbatoio si rivela alla ragione prendendo il sopravvento a qualsiasi definizione logica. Così, l'azione violenta di cui stiamo parlando si è espressa in un momento di crisi dove è affiorato quanto l'individuo aveva accumulato nella sua struttura emozionale mentre era stato costretto o aveva coltivato la sua importanza personale che dal punto di vista religioso cristiano sfocia nell'identificazione col dio padrone. La ripetitività e la sistematicità nel ripeterci che noi non siam o al centro del mondo e che il mondo non ruota attorno a noi, ci permette di incidere, col tempo e con gli anni, nella nostra struttura emozionale costruire canali diversi attraverso i quali veicolare le nostre necessità e i nostri desideri. In caso di crisi che coinvolgono la struttura emotiva le risposte saranno differenti.

Passiamo ora all'uso della:

Meditazione

Nel Crogiolo dello Stregone ho scritto che la meditazione è un fluire lento e sistematico delle parole.

In questo caso il fluire lento e sistematico del pensato verte sull'oggetto che opprime l'individuo in questione. La vicenda che provoca il suo senso di oppressione. L'episodio che ha prodotto la sua auto colpevolizzazione, la relazione che si è verificata, gli elementi della ragione che sono intervenuti a motivare quell'azione, le tensioni e i bisogni che l'hanno determinata vanno pensati in maniera lenta nella mente mentre le parole che descrivono devono essere vissute con le emozioni. Emozioni che vengono a loro volta meditate mediante parole che passano lente nella mente..

Il fluire lento della descrizione attorno ad un'immagine o una situazione, che in questo caso può essere rivissuta dall'individuo attraverso l'uso di immagini eidetiche, consente una rivisitazione. Rivisitazione emozionale di tutti gli elementi che sono entrati in gioco nella formazione dell'episodio sia come movimento che dal soggetto si sono proiettati nell'oggettività sia quelli che dall'oggettività sono arrivati al soggetto manipolati dalla sua percezione e interpretazione dei fenomeni stessi.

La ragione costringe l'individuo ad un pensato disordinato. I pensieri si accavallano in relazione a stati d'animo e associazioni emotive di immagini e sensazioni diverse.

Nella ragione la situazione che provoca angoscia viene rivisitata a sprazzi e quadri separati in modo che quest'individuo, dominato da una ragione che lo domina identificandosi con l'immagine del dio padrone, non sia in grado di cogliere quanto sta all'origine di quello che è successo. Quando l'individuo riesce a mettere in ordine gli elementi che hanno costruito il suo stato angoscioso mette ordine anche nella struttura della propria ragione giungendo a padroneggiare gli elementi che costruiscono il giudizio e che in lui provocano il conflitto. La ragione, impedendogli di Meditare in modo lento e armonioso, gli impedisce di cogliere l'importanza dell'azione dell'oggettività in cui si muove e nella quale è divenuto. La ragione, nel delirio che provoca i sensi di colpa, afferma che l'azione malvagia è uscita solo da lui. Lui è il Malvagio. Da questa condizione i sensi di colpa si fissano in lui.

Facendo fluire il pensiero in maniera lenta, ordinata e sistematica sul ritmo del proprio respiro ecco che le parole, quando si affacciano alla mente, vengono private della loro importanza emozionale. Descrivono emozioni ma non sono espressione di emozioni. Attraverso la meditazione l'individuo si stacca dalla dipendenza dell'interpretazione che la propria ragione dà delle proprie emozioni. L'individuo, che pratica Meditazione, ascolta il proprio respiro e nello stesso tempo descrive in modo lento e ritmato quanto ha vissuto.

In un momento concentrerà la sua attenzione sull'oggetto che lo opprime.

In un altro momento concentrerà la sua attenzione sul soggetto che agiva nei suoi confronti.

Poi saranno le sensazioni. Poi le giustificazioni. Poi le sue ragioni. Poi quello che percepiva. Poi quello che intendeva. Poi la relazione fra il suo rappresentarsi e il suo volere di possesso. Poi viceversa. ecc. ecc..

Mentre sta mettendo ordine nel proprio pensato, fermerà il desiderio della sua ragione di spaziare su altri temi. Attraverso la meditazione costringerà la sua ragione ad essere disciplinata. Verrà un momento in cui l'individuo si troverà immerso nelle forze e nelle tensioni che hanno prodotto la sua azione depurate dal condizionamento descrittivo della ragione.

In quel momento potrà prendere le sue angosce e gettarle nel cestino delle immondizie. Avrà depurato gli avvenimenti dall'interpretazione e avrà messo ordine nei suoi rapporti col mondo eliminando i sensi di colpa non perché l'avvenimento che gli ha prodotto angoscia non sia avvenuto, ma perché quell'avvenimento si inquadra in una diversa prospettiva del suo abitare il mondo.

La meditazione su un oggetto, seguendo la propria respirazione o i propri battiti cardiaci, stacca l'attenzione dal coinvolgimento emozionale dell'oggetto su cui si pratica meditazione.

La ragione si nutre di ossessione. L'ossessione dell'auto colpevolizzazione è il suo nutrimento per sancire il diritto della ragione di dominare il sentire dell'Essere Umano. Ascoltare la ragione seguendo i battiti cardiaci permette all'individuo di staccarsi dall'oggetto meditato evitando l'ossessione sull'oggetto stesso.

Perché il battito cardiaco? Perché una delle funzioni del cuore è quella di adattare la struttura neuro-vegetativa dell'individuo all'insorgere dell'emozione. Il cuore ha la capacità di agire sull'insorgenza di un'emozione e funge da regolatore del corpo. Un tempo, gli antichi, pensavano che l'emozione sorgesse dal cuore, mentre il cuore, col sistema simpatico, è un regolatore del corpo all'insorgere dell'emozione e, stimolato in maniera adeguata, permette l'insorgere di emozioni capaci di modificare stati d'animo oppressivi.

L'attenzione non viene più coinvolta dal flusso delle parole, ma si stacca osservando il fluire delle parole. In questo modo la situazione che è stata creata si stacca un po' alla volta dall'individuo (succede un po' alla volta ma ci si rende conto che è successo in un colpo). Non è solo il riconoscimento soggettivo di ragioni sufficienti all'azione soggettiva che tanto dolore ha provocato alla propria "coscienza", ma si tratta di costringere l'emotività coinvolta nell'azione opprimente, di considerare l'azione come parte e patrimonio, comunque, della propria esistenza. Come un evento dal quale attingere e migliorare ulteriormente la propria esistenza. Si tratta di incidere nella propria struttura emozionale per costringerla ad affrontare la vita per quello che è evitando azioni che agiscano sull'apparenza o sulla proiezione soggettiva di ciò che vorremmo che sia l'oggettività. La vita per quello che è e non per quello che l'immaginazione soggettiva, educazionalmente condizionata, si illude che dovrebbe essere.

Essendoci tolti dal centro dell'universo siamo pronti per interiorizzare ogni nuova esperienza che si forma affrontando lo sconosciuto con le armi che ci siamo costruiti.

La meditazione trasforma un'esperienza soggettiva da opprimente in una opportunità dalla quale attingere Conoscenza e Consapevolezza.

Ora siamo pronti per trattare:

Ascoltare il mondo attorno a noi

Ascoltare il mondo attorno a noi significa considerare il mondo che ci sta attorno capace di inviarci segnali e messaggi attraverso i quali risolvere la contraddizione o la situazione che stiamo vivendo e che, nel caso dei sensi di colpa, costruisce oppressione.

Quando si guida un'automobile, svoltare a destra o a sinistra non è la stessa cosa. Imboccare una via si inizia una sequenza di mutamenti. Questa o quella via non sono la stessa cosa. Trasformano l'individuo in maniera diversa. Magari in maniera minima, ma lo trasformano in modo diverso.

Il mondo attorno a noi manda segnali affinché noi si segua questa o quella via; si esegua questa o quella scelta. Per afferrare quei messaggi è necessario essersi tolti dal centro del mondo e praticare la meditazione, almeno sugli elementi che maggiormente ostacolano o coinvolgono il nostro cammino.

Nel caso che si è preso come esempio è necessario che l'individuo si tolga dal centro del mondo e nello stesso tempo pratichi meditazione. Questo è necessario in quanto i segnali, ascoltando il mondo attorno a noi, non arrivano perché ci sono dovuti, ma arrivano quando il nostro Potere di Essere, che costruiamo e liberiamo affrontando l'ossessione, si presenta davanti al mondo come un atto di volontà. Come un tentativo di conquista di libertà soggettiva. Quando il mondo attorno riconosce il cammino di Libertà che si sta costruendo.

Quando il cammino di Libertà permette all'individuo di scindere l'illusione derivata dai suoi desideri proiettati sull'oggettività dai messaggi che dall'oggettività arrivano verso di lui anche se mascherati da elementi propri della ragione, si può dire che solo in quel momento l'individuo acquista velocità ed attenzione per cogliere i segnali che giungono dal mondo in cui vive.

Quando ci si è tolti dal centro del mondo e si pratica meditazione il mondo, con tutte le Coscienza di Sé che contiene, invia segnali su un sentire di cui si ignorava l'esistenza quando ci si considerava padroni al centro del mondo. Il mondo attorno a noi inserisce l'azione, che tanta angoscia crea in noi, nell'esatto sentire dell'Essere Natura. L'azione fatta opprime l'individuo in quanto questi si è imposto degli obblighi di natura educazionale sovrastrutturale. Quanto ci opprime non deriva dall'azione commessa (questo è un fattore scatenante l'angoscia), al di là degli aspetti sociali che questa comporta, ma dalle imposizioni morali soggettive che questa ha violato. Il mondo attorno a noi carica alcuni fenomeni specifici che invia in modo da costringere la nostra attenzione a prenderli in considerazione e inserirli, sia pure progressivamente, nel nostro pensato. Idee nuove, aspetti nuovi e diversi di quanto ci circonda che il condizionamento educazionale, prima che ci si togliesse dal centro del mondo e si praticasse meditazione, ignorava in quanto non possedeva velocità sufficiente per afferrarli né per invocarli attraverso la sua soggettività.

Cosa arriva dal mondo attorno a noi?

Essenzialmente Energia! Energia sotto forma di messaggi emotivi che creando relazioni con la nostra struttura emotiva fanno sorgere tensioni che si trasformano in idee, concetti, scoperte, intuizioni, emozioni come alimento della ragione e la sua articolazione del pensiero. La ragione non conosce la forma o l'origine del fenomeno che interferisce nella sua descrizione. Subisce un'intrusione aliena che genera in lei la sensazione che qualche cosa dallo sconosciuto che la circonda è giunto fino a lei. Quando quell'elemento si impone alla ragione, questa articola e modifica il proprio pensiero e la propria descrizione del mondo. Lo stesso condizionamento educazionale si modifica.

Il condizionamento educazionale non viene rimosso. Diciamo piuttosto che agli elementi del condizionamento educazionale si affiancano nuovi elementi, nuove idee e occhi diversi attraverso i quali guardare il mondo. In questo modo il senso di colpa che agisce oppressivamente sulla coscienza e sulla consapevolezza viene collocato in un contesto diverso.

Il mondo attorno a noi è libero dal condizionamento educazionale; è libero dai limiti del pensato che hanno gli Esseri Umani attraverso la loro ragione (i limiti del mondo attorno a noi sono limiti di natura diversa in quanto non sono sottoposti al condizionamento emozionale che subiscono i bambini nel Sistema Sociale retto dall'orrore cristiano). Pertanto, il mondo attorno a noi non comprende il contesto nel quale la ragione dell'Essere Umano ha inserito l'azione commessa sviluppando l'angoscia attraverso i sensi di colpa. Conosce l'oppressione che ci attanaglia e blocca lo sviluppo soggettivo. Percepisce le vibrazioni del campo di energia dell'Essere Umano e invia segnali di energia compensativi che la ragione trasforma poi in idee, concetti e attenzioni che prima di praticare meditazione e togliersi dal centro del mondo ignorava.

Perché arrivano dal mondo attorno a noi?

Perché il mondo attorno a noi costruisce delle relazioni attraverso le quali espandere sé stesso e scoprendo un individuo che si apre nei suoi confronti, attraverso la meditazione, agisce affinché costui, migliorando il proprio equilibrio energetico, sviluppi sé stesso per meglio interagire col mondo. Il mondo attorno a noi necessita di individui che, liberi dalla sottomissione di un condizionamento educazionale oppressore ed opprimente, interagiscano con lui per aiutarlo a costruirsi. Il mondo attorno a noi vive condizioni e stadi di percezione diversa che possono interagire solo quando l'Essere Umano mette ordine nella propria ragione e fra la propria ragione e la sua struttura emozionale.

Quanto opprimeva, come effetto dell'azione che era stata fatta, viene inserito in un contesto diverso dal condizionamento educazionale che si manifestava opprimendo e questa oppressione viene superata non perché non si considera la drammaticità sociale dell'azione, ma perché si colloca l'azione in un diverso sentire. O, se si vuole, in un diverso contesto. In condizioni diverse.

Ecco che l'atto, tanto per spiegare, che nel contesto sociale assume una violenza drammatica e nel condizionamento educazionale un effetto opprimente, all'interno dell'Essere Natura assume un effetto di normalità e quotidianità (pensiamo agli effetti degli Esseri Animali cacciatori per esempio). Il mondo attorno a noi afferra quanto opprime e lo colloca in un diverso insieme.

Oppure, ancora, il soggetto fagocita un numero tale di fenomeni che quanto lo opprimeva viene inserito in un diverso contesto psichico sì da perdere la sua forza di oppressione e ossessione.

Una volta che si è iniziato ad ascoltare il mondo attorno a noi, è necessario iniziare a "chiedersi il perché delle cose".

Chiedersi il perché delle cose

I fenomeni che dal mondo giungono fino a noi, sono cose!

Sono oggetti di cui possiamo parlare.

Il fenomeno spesso è espressione di un oggetto più vasto, ma dal momento che si presume l'esistenza di uno sconosciuto possibile, si deve agire all'interno del pensato della ragione come se quel fenomeno fosse oggetto in sé anche se si deve essere pronti a cambiare il giudizio e la descrizione di tale oggetto nel momento stesso in cui altri fenomeni ci costringono a delineare un diverso oggetto.

Il fenomeno è oggetto per la ragione, ma non necessariamente per la percezione. La percezione può intuire un oggetto diverso in base a fenomeni che ancora non vengono compresi o descritti dalla ragione.

Attraverso la meditazione e il toglierci dal centro del mondo si è predisposta la ragione a cogliere nuovi fenomeni, ma si corre il rischio che anziché dilatare la ragione si alimentino le fantasticherie della ragione: i suoi fantasmi.

Chiederci il perché delle cose articolato nella meditazione permette di inserire il nuovo fenomeno che descriviamo in un contesto di pensiero "reale" (corrispondente al percepito) e non fantastico (interpretazione della ragione col già descritto). Il nuovo fenomeno, inserito nel pensato, modifica l'intero pensato in quanto lo costringe ad un processo di adattamento al nuovo comprendendo il fenomeno e articolandone gli aspetti. Per comprendere il nuovo, tutta la ragione deve ristrutturarsi. Nella ristrutturazione del pensato della ragione viene ristrutturato anche quel pensiero generato dai sensi di colpa.

Nel ristrutturare la ragione, l'individuo costringe, sia pur per un attimo, la ragione ad abbandonare le sue certezze. Questo crea una certa dose di panico nella ragione che cerca di aggrapparsi ai lati più oscuri del suo modo di pensare il mondo.

Consideriamo l'ossessione che si fissa nei sensi di colpa. L'azione fatta e il giudizio della coscienza morale della persona, di cui stiamo parlando, è in se un fenomeno che inserito nel suo pensato, educazionalmente condizionato, costruisce ossessione, contrizione e costrizione. Un fenomeno, all'interno di un pensato, tenta di distruggere la persona rendendola ossessionata e sottomessa a sensi di colpa per quanto ha fatto.

L'azione della Stregoneria non consiste nel cancellare l'azione o affermare che l'azione non è mai stata fatta o, ancora, ancorare l'attenzione sui motivi che la giustificano o che la rendono santa (i macellai dei campi di sterminio si sono autoassolti con questo metodo). L'azione della Stregoneria è modificazione in espansione del pensato tanto che l'azione viene riconosciuta per il suo valore reale e diventa elemento che partecipa alla costruzione dell'individuo anziché momento di contrizione e chiusura su sé stessi.

Chiedersi il perché delle cose consente di inserire il fenomeno nel pensato per quello che il fenomeno è in quanto il pensato è in grado di descriverlo sia per ciò che è, sia nella relazione prodotta dalla sua introduzione nell'intera struttura di pensiero. Chiederci il perché delle cose porta l'individuo a padroneggiare il significato (più vicino al significato del fenomeno in sé) del fenomeno da introdurre nella propria ragione discriminando, quando necessita, l'introduzione dei fenomeni percepiti. Nello stesso tempo impedisce alla ragione di appropriarsi dei fenomeni per manipolarli e alimentare la costruzione dei suoi fantasmi attraverso i quali alimentare la sua capacità di controllo sull'Essere Umano impedendo ai nuovi fenomeni di modificare la descrizione con cui controlla l'individuo.

Il pericolo, eventuale, consiste nell'alimentare i fantasmi della propria ragione. Il pericolo di non chiedersi il perché delle cose è quello di considerare per realtà del fenomeno le interpretazioni di natura fideistica che si sono imposte al proprio pensato alterando, in funzione della loro presenza, la propria struttura emozionale. Per comprendere questo basta un esempio: "Ho ammazzato la bambina perché me lo ha ordinato dio!". Questo orrido fantasma, il dio padrone, ha agito sulla struttura emozionale in modo tale da costruire giustificazione assoluta del gesto compiuto.

Allora l'Essere Umano deve chiedersi: perché il fenomeno giunge?

Perché io concentro la mia attenzione su quel fenomeno? Cosa ho variato togliendomi dal centro del mondo perché quel fenomeno giunga? Chiedersi sempre il perché delle cose!

Non solo per comprendere la relazione attraverso la quale quel fenomeno è giunto fino a noi, ma perché oggi quel fenomeno è percepito mentre fino a ieri non lo era.

Il toglierci dal centro del mondo e la meditazione ci hanno aperto ai segnali che dal mondo attorno a noi ci giungono. Quei fenomeni ora non sono casuali. Non sono più soggetti ai capricci della ragione che spiega le origini della nostra emotività, ma sono filtrate dalla nostra volontà di chiederci il perché quel fenomeno giunge.

Prima di analizzare il fenomeno si interroga l'insieme che genera il fenomeno. Prima dell'analisi del contenuto della borsa di denari portata da Mercurio, si interroga Mercurio sul perché è giunto a noi con quella borsa di denari.

Il messaggero e il suo intento qualificano il fenomeno che ci giunge. Evitare di affrontare il messaggero significa far rientrare il fenomeno nelle idee astratte; quasi il prodotto di un assoluto dimostrando con questo che non ci siamo tolti dal centro del mondo. Proprio perché ci siamo tolti dal centro del mondo interroghiamo il messaggero, è nel nostro diritto e obbedienza ad un nostro dovere. Noi presupponiamo che anch'egli si sia tolto dal centro del mondo. In caso contrario, significa che il fenomeno, di cui è portatore, è origine e funzionale ad Inganno.

Chiedersi il perché delle cose ci permette di scoprire l'origine del pensato nel quale l'azione, che viene ritenuta deplorevole e opprimente, è inserita. Significa scoprire il fondamento dell'ossessione: i messaggeri che l'hanno fondata. Quando un messaggero è scoperto, attraverso il chiedersi il perché delle cose, anche il fenomeno di cui è portatore si inserisce nell'esatta rappresentazione del pensato che lo ha individuato e questo consente al soggetto di chiamare le cose col loro vero nome.

Non è vero che il messaggero non porta pena: Ermes è soggetto responsabile dei fenomeni che comunica. E' motore e alimento dei messaggi che dal mondo circostante ci giungono.

Per questo motivo i fenomeni che ci giungono vanno chiamati col loro vero nome.

Chiamare le cose col loro vero nome

Quanto opprime la persona, verrà chiamata col suo vero nome. Che non è il nome della relazione o della convenzione sociale che egli riteneva di aver violato e che gli ha procurato i sensi di colpa. Il vero nome dei suoi sensi di colpa sono le imposizioni morali che ha subito e alle quali ha reagito mettendo in atto quell'azione di cui si pente. Il pentimento non rimedia agli effetti della sua azione, ma ha una serie di nomi che definiscono le condizioni morali che lo stanno opprimendo. Chiamare le cose col loro vero nome non diminuirà l'eventuale danno sociale fatto dalla sua azione, ma recupererà un individuo, considerato socialmente colpevole, quando la sua azione, frutto di inconsapevolezza come adesione al condizionamento educazionale subito, verrà assorbita dall'esperienza.

Iside ha bisogno del nome segreto di Rà per riuscire a guarire Osiride!

La nostra inconsapevolezza, il nostro voler ignorare le forze che agiscono attorno a noi (e spesso dentro di noi) e che il condizionamento educazionale ci ha insegnato ad ignorare mascherandole col pretesto che ogni azione deve essere il prodotto della ragione, ci rende ciechi e impotenti davanti a quanto subiamo. Ci ancoriamo al ragionamento e al pensiero, come se il ragionamento e il pensiero fossero la totalità dell'universo.

Il pensiero descrive quanto è in grado di descrivere. Quanto è in grado di descrivere viene spacciato dalla ragione come la totalità dell'esistente. Così l'individuo si trova in balia di forze delle quali non solo non ha il controllo o la descrizione, ma non ne immagina nemmeno l'esistenza. La ragione risponde con le sue definizioni fantastiche e l'Essere Umano, anziché espandere la ragione, si trova in un cerchio vizioso di risposte e giudizi preconfezionati nei quali non riconosce quanto lo attornia.

Là dove la conoscenza dei meccanismi e dei fenomeni porta l'individuo a risolvere le contraddizioni con una carezza; l'inconsapevolezza, educazionalmente imposta, alimenta il fantasma della paura negli Esseri Umani armando la loro mano di coltello.

Chiamare le cose col loro vero nome significa comprendere il fenomeno, descriverlo nel pensato dopo aver compreso il perché del messaggio, aprendo ad esso la ragione.

Nel chiamare le cose col loro vero nome l'individuo separa l'apparenza dalla sostanza. Separa la rappresentazione del fenomeno dal fenomeno stesso.

Le tensioni che hanno indotto l'Essere Umano all'azione si sono potute verificare perché egli non conosceva il vero nome della tensione dalla quale era attraversato, ma permetteva a questa tensione di apparirgli diversa da com'era. Conoscere il vero nome delle cose significa padroneggiare le cose. Significa essere in grado di inserire il fenomeno che ci giunge nell'esatto contesto di quello che è e non del fantasma che la ragione tende a farlo apparire.

Chiamare le cose col loro vero nome è lo scudo che l'Essere Umano innalza a protezione della trasformazione a cui va incontro.

Com'è che si chiamano le cose col loro vero nome? Attraverso la meditazione si tenta di definire la tensione e la situazione descrivendola e descrivendola ancora. Facendola passare più e più volte attraverso le immagini eidetiche. Rivisitando le sensazioni attraverso un trasporto emotivo dove l'emozione, che viene evocata, deve essere uguale a quella vissuta. Chiamare le cose col loro vero nome significa distruggere i fantasmi della ragione che vogliono significare sensazioni e percezioni alla nostra emotività. Chiamare le cose col loro vero nome significa ripulire la situazione che ha creato ossessione dall'apparenza nella quale la ragione vuole nascondere i fenomeni reali che hanno concorso a formare la situazione.

Chiamare le cose col loro vero nome ci permette di impedire, una volta che si è rimossa la situazione ossessiva, che questa si riproduca su un altro piano. Quando si è imparato a chiamare le cose col loro vero nome si tenderà a praticare questo metodo in ogni situazione che si incontra. Pertanto, una volta che si è superata la situazione ossessiva nella quale la ragione e i suoi fantasmi hanno cacciato l'Essere Umano attraverso i sensi di colpa chiamando le cose col loro vero nome, sarà quasi impossibile la riformazione dei fantasmi della ragione. Una volta rimossi i sensi di colpa imposti in quell'avvenimento "lontano" diventa più difficile costringere l'individuo a nuovi sensi di colpa. Una volta riparata la vecchia ferita, l'individuo è vaccinato e pronto per affrontare il mondo.

Chiamare le cose col loro vero nome è una protezione che l'Essere Umano si costruisce al fine di garantirsi che una volta risolta la situazione, la sua ragione non crei nuovi fantasmi nei quali chiudere ingabbiando il suo bisogno di espansione dentro altre ossessioni.

Conclusione della rimozione dei sensi di colpa

Cinque elementi del Crogiolo dello Stregone concorrono a liberare un Essere Umano che, pur non praticando il Crogiolo dello Stregone intende usare alcuni elementi per liberarsi da una situazione, magari da lui stesso provocata, che gli crea ossessione nella propria "coscienza" o, per meglio dire, nel proprio sentire, mediante i sensi di colpa che bloccano la sua azione nel mondo circostante.

1) TOGLIERCI DAL CENTRO DEL MONDO, consente all'Essere Umano di sottrarsi dal controllo della ragione per liberare il proprio sentire i fenomeni del mondo.

2) MEDITAZIONE, consente all'Essere Umano di mettere in ordine la propria ragione attraverso un fluire lento delle parole ripulendo la ragione dai fantasmi della superstizione con cui la ragione controlla l'uomo.

3) ASCOLTARE IL MONDO ATTORNO A NOI, consente all'Essere Umano di chiamare il mondo circostante a sorreggerlo nella sua azione di libertà.

4) CHIEDERSI IL PERCHE' DELLE COSE, consente all'Essere Umano di inserire nuovi fenomeni e nuove deduzioni nella ragione alterando la relazione fra descrizione razionale del fenomeno e condizione emotiva dell'individuo. Fra idea ragionale del senso di colpa ed emozioni.

5) CHIAMARE LE COSE COL LORO VERO NOME consente all'Essere Umano di inserire nuovi fenomeni nella sua ragione per quello che sono e non per quello che la sua ragione intende farli apparire; impedisce alla ragione di porre le basi per costruire nuovi fantasmi alimentando i sensi di colpa.

Un mini Crogiolo dello Stregone per un fine preciso.

Quel fine è incidere sulla struttura emozionale di un Essere Umano sottoposto alla ferocia di un condizionamento educazionale costruito apposta per colpevolizzarlo.

L'Essere Umano in questione non è stato un praticante del Crogiolo dello Stregone. Nel caso lo fosse stato, la situazione che lo attanaglia sarebbe stata costruita e vissuta in maniera differente. Il Crogiolo dello Stregone non ha la capacità di fermare le pallottole mentre ti vengono incontro. Non ha la possibilità di modificare la situazione che si è creata, può porre le basi per variarne gli effetti e per evitare che in futuro altre situazioni analoghe si ripetano. Quando c'è la malattia significa che la prevenzione è fallita. A quel punto non resta che curare la malattia per come è possibile e mettere in essere la prevenzione per non trovarsi più nelle condizioni di malattia o almeno per attenuare gli effetti più devastanti.

La Stregoneria è l'arte di agire prima che la situazione grave si verifichi, non quando questa è in atto. Quando la situazione grave è in atto non resta che affrontarla con i mezzi che si sono costruiti in precedenza.

In questo caso, il Crogiolo dello Stregone può intervenire soltanto perché il fatto è già avvenuto e la persona sta vivendo una situazione angosciosa in relazione a quel fatto. Non si rimuove il fatto né l'impatto sociale che il fatto ha provocato. Si rimuove la capacità di lettura soggettiva dell'individuo del fatto stesso e delle tensioni che ha vissuto trasformando un fatto, che costruisce angoscia e alimenta sensi di colpa, in un episodio che interviene a costruire un patrimonio di esperienza soggettiva e un momento di crescita dell'individuo nella sua percezione del mondo.

Questa è la strategia della Stregoneria.

Costruire gli Esseri Umani che impavidi affrontano le contraddizioni della vita. Togliere la paura che, secondo Castaneda, era il primo nemico che l'Essere Umano si trova a dover affrontare. La paura si presenta in vari aspetti, con molte facce e l'angoscia finalizzata all'auto colpevolizzazione è il capolavoro degli adoratori del macellaio di Sodoma e Gomorra.

La costruzione dei percorsi soggettivi di Libertà è il capolavoro degli Stregoni.

Iniziato durante la fiera di Vicenza 09.03.1999

Finito di scrivere 11.04.1999

Altri libri di Stregoneria

Cod. ISBN 9788891170897

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Gli Stregoni vivono il mutamento. La loro attenzione è spostata. Non vivono la realtà quotidiana che si presenta, ma il futuro che da questa realtà si sta costruendo. Questo è il motivo per il quale gli uomini comuni non capiscono il punto di vista degli Stregoni.

Altri libri di Stregoneria

Cod. ISBN 9788891170903

Indice generale Crogiolo dello Stregone

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Claudio Simeoni

Meccanico

Apprendista Stregone

Guardiano dell'Anticristo

Tel. 3277862784

e-mail: claudiosimeoni@libero.it

Il Crogiolo e la psicanalisi

La Stregoneria è l'arte della trasformazione dell'uomo nella vita. La psicanalisi è l'analisi del divenuto dell'uomo. La psicanalisi lavora per ridurre l'uomo al modello creato dal dio padrone. La Stregoneria attrezza l'uomo, qualunque sia il suo divenuto, per affrontare il proprio futuro.