La Follia Controllata

Il Crogiolo dello Stregone nei quattro Canti del Mondo

(testo originale 1998)

Capitolo quindici

di Claudio Simeoni

Cod. ISBN 9788893329187

Indice del crogiolo dello Stregone dell'uomo nel mondo

 

Quando si è parlato del Crogiolo dello Stregone si è detto che la Follia Controllata era una specie di modo di essere attraverso il quale l'individuo preserva sé stesso e la pratica del proprio intento all'interno del Sistema Sociale.

Nel sistema sociale in cui viviamo, ogni individuo è un folle nel senso che "crede di essere" anziché pensare di "poter essere". In sostanza, ogni individuo presenta un sé stesso privato delle tensioni che lo hanno portato ad essere sé stesso perché ha paura di poter essere.

In altre parole, un Essere Umano, anziché elencare le proprie scelte di adattamento soggettivo nel mondo in cui vive, preferisce presentare ciò che è come se fosse sempre stato ciò che è e nega, di fatto, le tensioni, rispondendo alle quali, potrebbe essere come individuo della Natura e come soggetto sociale.

In questa follia, la società chiede all'individuo di adeguarsi al modello che per esso viene pensato e definito dalla società. Viene costruita una scala gerarchica del possesso alla quale la società pretende che corrisponda anche la medesima scala gerarchica della cultura e della conoscenza in funzione delle trasformazioni sociali che determinano il divenire dell'uomo. In altre parole, la società pensa che con il denaro si determini la gerarchia culturale e della conoscenza propria di quella società. In un'altra ottica, la società ritiene che i "doni del dio padrone" che promuovono la ricchezza materiale in alcune persone e non in altre, determinino pure la gerarchia della cultura e della conoscenza sociale.

Questa follia è talmente diffusa nella società in cui viviamo che la Polizia di Stato, qui in Italia, tortura i cittadini perché non si adeguano alle categorie culturali dei poliziotti.

La Follia Controllata inizia con l'arte di presentare alla società l'aspetto che la società pensa che la persona abbia. In questo esercizio la Follia Controllata diventa forma e rappresentazione soggettiva di ciò che l'altro si aspetta. La Follia Controllata è l'arte della preda per distrarre l'attenzione del predatore. Non è follia controllata l'arte di impossessarsi delle persone: la schiavitù nasce dalla violenza del più forte sul più debole.

Nella storia occidentale c'è un episodio eccezionale che ci dimostra come la pratica della Follia Controllata abbia inciso sul divenire degli Esseri Umani ed è l'attività di Bruto che portò Roma fuori dalla monarchia costruendo le premesse per uno stato repubblicano.

Da Storia di Roma di Tito Livio.

Tarquinio, ultimo re di Roma, un giorno fu terrorizzato da un serpente che usci da una colonna di legno e dal momento che di tale fatto non poteva consultare gli Aruspici Etruschi in quanto questi erano preposti all'interpretazione di fenomeni di interesse pubblico allora: "Tarquinio decise di mandare degli ambasciatori a Delfi, vale a dire all'oracolo più famoso del mondo. Non avendo il coraggio di affidare ad alcun altro il responso del presagio, mandò in Grecia, per terre allora sconosciute e per mari ancora più sconosciuti due suoi figli. Partirono Tito e Arrunte. Fu loro dato come compagno Lucio Giunio Bruto, figlio di Tarquinia, sorella del re, e giovane di intelligenza ben maggiore di quanto avesse preso a simulare. Costui quando venne a sapere che lo zio aveva ammazzato molti dei maggiorenti della città fra i quali suo fratello, decise di tralasciare qualsiasi cosa che il re avesse a temere dal suo animo o da desiderare dalle sue sostanze: preferiva vivere disprezzato e sicuro, visto che ben poche garanzie gli potevano venire dal diritto. Quindi aveva di proposito cominciato a fingersi stupido, lasciando che il re facesse preda dei suoi beni e della sua stessa persona; non aveva nemmeno rifiutato il soprannome di Bruto che gli permetteva di mascherare le sue intenzioni di liberare il popolo romano e di attendere, nascosto, il momento giusto per farlo. Bruto fu portato dai Tarquini a Delfo, più come zimbello che come compagno; si dice che avesse portato in dono ad Apollo uno scettro d'oro entro un corno ch'era stato reso cavo proprio per questo: era, sotto simbolo, un modo per indicare la sua vera indole. I giovani si recarono all'oracolo, eseguirono l'incarico ricevuto dal padre e poi furono presi dalla smania di chiedere chi, fra loro, sarebbe stato il futuro re di Roma. Dalla parte più profonda della grotta venne, si dice, una voce: "Sarà re di Roma il primo fra voi, o giovani, che bacerà sua madre". I due Tarquini si preoccuparono che Sesto (il terzo fratello) rimasto a Roma, rimanesse ignaro del vaticinio e dunque escluso dal regno; dispongono poi, con ogni cura le cose in modo che le parole dell'oracolo rimangano segrete. Quando a loro due affidano alla sorte, una volta tornati a Roma, la scelta di chi debba baciare per primo la madre. Bruto però capì che ben altro voleva significare la profezia della Pitia. Finse di scivolare e cadde: sfiorò con un bacio la Terra che è madre comune a tutti i mortali. Quindi avvenne il ritorno a Roma dove si stava preparando con grande impegno la guerra contro i Rutuli." Avvenne che intanto Bruto aspettava l'occasione propizia continuando a fare lo scemo del villaggio. Fu così che Sesto Tarquinio il fratello che era rimasto a Roma violentò tale Lucrezia la quale si suicidò per il disonore. Lucrezia era molto apprezzata come Matrona romana e mentre tutti piangono Bruto getta la maschera: "Bruto, mentre gli altri sono tutti presi dal dolore, estrae il coltello dalla ferita di Lucrezia e, tenendolo davanti a sé mentre gronda sangue, esclama: "Io giuro in nome di questo sangue che era castissimo prima che un figlio di re gli recasse oltraggio e chiamo voi, o dei, a testimoni, che io perseguiterò Lucio Tarquinio Superbo con la sua scellerata moglie e tutta la sua discendenza, col ferro, col fuoco, con qualunque arma mi sia possibile. E non tollererò che essi o chiunque altro regnino mai più su Roma." Da qui parte la rivolta che portò Roma a diventare una Repubblica.

Bruto aveva esercitato la sua Follia Controllata. Aveva giocato facendosi passare per scemo e mentre si faceva passare per scemo preparava sé stesso a seguire la forza di Intento che lo spingeva. Attraverso la Follia Controllata egli era riuscito a separare il principale dal secondario; le cose importanti da quelle non importanti. Attraverso la Follia Controllata egli era riuscito ad imparare la pazienza.

Attraverso l'esercizio della Follia Controllata aveva accumulato Sapere e Conoscenza; tanto tutti erano convinti che fosse scemo! Attraverso la Follia Controllata era riuscito a fondere talmente tante volte il proprio Crogiolo con quello del Divino che lo circondava da aver imparato sia a non ingannare il divino sia a comprendere che quando il divino comunica usa le categorie del divino non quelle che le persone pensino che il divino dica.

In altre parole ad Apollo Bruto aveva portato uno scettro d'oro dentro un corno d'osso per dire ad Apollo: "Io mi presento come scemo ma non sono scemo né voglio credere di ingannarti presentandomi come scemo!". Quando la Pitia parla, Bruto comprende che il messaggio di Apollo. Apollo non si riferisce a categorie umane ma a categorie divine. Pertanto, comprende come il termine madre era da intendere in termini divini.

Bruto si era forgiato attraverso la Follia Controllata. Egli ingannava soltanto chi voleva essere ingannato. Chi, vivendo di inganni, si pensava più astuto del mondo e, nel far questo, si preparava ad essere ingannato.

Ma la Follia Controllata non è soltanto questo; la Follia Controllata costruisce l'armonia fra le azioni della ragione e le azioni sollecitate dalla percezione alterata sia nelle emozioni che negli intenti del mutamento.

Nel Crogiolo dello Stregone si è detto come l'esercizio della Follia Controllata spinga l'individuo ad 'agire in modo diverso e in schemi diversi da quelli che abitualmente vengono praticati nella società. Questo modo di porsi permette all'individuo di essere agile e pronto a cogliere tutte le diversità che si presentano quando, alterando la percezione, si trova a dover agire in stati psichici diversi o in stati di sogno totalizzanti.

Cosa fa l'individuo a sé stesso per praticare la Follia Controllata? Costringe nervi e tendini a manifestare un sé stesso diverso da come se stesso potrebbe essere. L'individuo si sforza di simulare emozioni e comunicazioni col linguaggio del corpo diverse da quelle che vorrebbe fare. L'individuo evoca dentro di sé emozioni che non proverebbe se sollecitato solo dai fenomeni del mondo. L'individuo, nel suo sforzo, modifica la sua struttura psico-emotiva per adattarla alla nuova rappresentazione di sé che intende dare al mondo.

Con la Follia Controllata l'individuo impara la disciplina della propria rappresentazione nel mondo a seconda degli intenti che vuole perseguire. Questa disciplina che l'individuo si impone nella Follia Controllata, non è la disciplina dell'attore che recita una parte, ma è una vera e propria emersione nella ragione di una nuova e complessiva personalità, un nuovo modo di essere, che invade tutta la sfera psico-emotiva dell'individuo.

Alla fine del processo, la Follia Controllata non è la rappresentazione di una persona diversa, ma diventa l'emersione dentro all'individuo di un "vero e proprio soggetto diverso" che prende il controllo della rappresentazione del medesimo individuo nel mondo.

Questa disciplina, che permette di far emergere nell'individuo personalità diverse a seconda degli intenti da perseguire, costruire armonia fra gli intenti e le azioni nella ragione e le necessità della consapevolezza emotiva o, se preferiamo, le intuizione proprie della percezione alterata della realtà vissuta. Anche se, vivere praticando Follia Controllata, implica vivere in percezione alterata.

Noi siamo abituati a considerare il nostro agire nella vita di tutti i giorni come un agire logico e funzionale. Quando però i presupposti di quell'agire cadono in stadi percettivi diversi, quello stesso agire in realtà è un atto di follia. Si dice che un'azione non sia folle nella misura in cui l'azione è commisurata alla relazione soggettività-oggettività in cui viviamo. Nel momento stesso in cui ripetiamo quell'azione in una diversa situazione costruita dalla relazione oggettività-soggettività quell'azione, che prima era del tutto ovvia e logica, diventa folle.

In altre parole un'azione non è logica in sé e per sé ma diventa logica nella specifica situazione in cui si svolge e in funzione dell'intento che la spinge. Quando cambia la relazione o gli oggetti che entrano in relazione sono diversi, anche l'azione deve variare altrimenti il gesto logico diventa oggettivamente folle. Io parlo alle persone, azione logica; se io vengo sorpreso a parlare allo stesso modo con un albero, vengo considerato un folle (quanto meno uno spostato).

Quando io altero la percezione, non sempre la mia ragione descrive la situazione in cui mi muovo e spesso la sua descrizione è solo un adattamento al suo conosciuto. La descrizione della ragione è spesso falsa, inesatta e approssimativa. Solo quanto riverso nell'azione, proprio perché l'azione circoscrive in sé stessa la mia percezione del mondo, è esatta perché perturba il mondo in cui vivo. Ciò che la ragione riesce più facilmente a descrivere sono le azioni che compio, ma solo dopo averle compiute. Dal momento che le membra sono descritte dalla ragione, questa può descrivere il movimento come atto di camminare o di volare o di nuotare, anche se in realtà non faccio nulla di tutto questo. La ragione deve motivare, descrivere, giudicare per poter avere il controllo dell'individuo. Dal momento che la ragione non conosce il motivo né la situazione per cui mi muovo nella percezione alterata, ella è costretta a considerare l'atto di muovermi non corrispondente ad elementi della sua descrizione; dunque come un atto folle!

Ogni volta che io mi muovo o agisco in stati di percezione alterata per la ragione sono atti di follia. Dal momento che comunque la mia Volontà ha il controllo di quell'azione io non mi perdo in quella follia e posso sempre rientrare nella ragione e riprendere l'azione in base agli elementi caratteristici della ragione. Dunque è Follia Controllata.

Il punto è che vale anche il contrario!

Il mio agire nell'ambito della ragione obbedisce ad elementi che sono estrani a molti mondi che incontro alterando la percezione (emozione e tempo). Quando in quei mondi agisco come se fosse una ragione (ad esempio mi sforzo di camminare anziché di volare come accade nel sogno) per quel mondo compio un atto di follia. Ma dal momento che, comunque quando mi accorgo di non essere nella descrizione della ragione, mi getto nel vuoto e volo anche in quel caso è Follia Controllata.

Questo passaggio da relazioni soggettività-oggettività diverse non solo mi sottrae al controllo della ragione ma la ragione stessa diventa un elemento in cui si esprime Volontà che assume il controllo delle mie azioni.

Nei Quattro Canti del Mondo ogni gesto è un gesto di Follia Controllata sia che si agisca sul piano della ragione sia che si agisca nella percezione alterata. E' Follia Controllata in quanto l'agire nei diversi piani della percezione comporta una variazione del sistema comportamentale. Comporta un'agilità d'adattamento sconosciuta nella descrizione della ragione che impone schemi di comportamento fissi e statici. Noi, uscendo dal controllo della ragione abbiamo la necessità di comportarci in maniera diversa da come impone la descrizione della ragione. La Follia Controllata porta a rompere gli schemi comportamentali e ci induce a scegliere gli schemi di comportamento più confacenti alla relazione che in questo momento stiamo instaurando.

Così nel sogno posso librarmi in volo, raggiungere una destinazione, attraversare muri, parlare con Esseri di Energia vitale e scoppiare dalle risate davanti ad una situazione comica. Nel mondo della ragione non posso librarmi in volo se non prendendo un aereo, non posso attraversare muri se non abbattendoli, non posso parlare con Esseri di sola Energia Vitale se non voglio finire in un manicomio e la situazione comica che mi faceva scoppiare dalle risate in sogno, quando tento di descriverla è inadeguata, insipida, non suscita nessuna risata. Nell'uno e nell'altro mondo che vivo ho agito attraverso la Follia Controllata: ho adeguato il mio comportamento alle diverse situazioni che ho incontrato.

Questa possibilità di muovermi in maniera diversa non è il prodotto dell'educazione che ho ricevuto. Questo l'ho dovuto imparare. Per imparare questo ho dovuto esercitarmi nella vita quotidiana. Ho dovuto imparare ad usare un mascheramento in situazioni critiche, estreme, o tali comunque da comportare un certo rischio. Purtroppo, nessuno me lo ha insegnato, ho dovuto impararlo da solo pagando il prezzo dell'apprendimento.

Eppure non c'è alternativa. Se non si esercita questa pratica non si è nemmeno in grado di agire in maniera diversa in situazioni percettive o esistenziali diverse. Il mondo della ragione è l'unico mondo possibile e nulla può esistere fuori di esso, dicono le religioni rivelate. Eppure, il mondo della ragione si presenta con mille facce diverse e io devo saper evocare mille personalità diverse, dentro di me, per poterlo padroneggiare.

Cosa consigliava Castaneda per imparare a padroneggiare il mondo razionale con la Follia Controllata? Consigliava di cercarci una situazione nella quale fosse veramente importante mascherare il proprio intento, il proprio essere e i propri sentimenti. Cercarsi un piccolo tiranno da abbattere o una situazione sociale da modificare costruendo libertà del fare per sviluppare il proprio Potere di Essere. Con quel piccolo tiranno, o con quella situazione da modificare, fondere il proprio Crogiolo costringendo i propri nervi, i propri pugni e i propri tendini a costruire quanto era necessario per modificare quella situazione. Castaneda descrive questa situazione anche per imparare l'arte dell'Agguato.

Settembre 1998

 

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Claudio Simeoni

Meccanico

Apprendista Stregone

Guardiano dell'Anticristo

Tel. 3277862784

e-mail: claudiosimeoni@libero.it

Il Crogiolo nei Quattro canti del Mondo

Noi viviamo in un mondo che non è fatto di soggetti ed oggetti, ma viviamo in un mondo fatto di soggetti che agiscono e che modificano continuamente la realtà che abitano. Dèi e intelligenze che si adattano alle condizioni che incontrano e agiscono per modificare quelle condizioni. Agiscono modificando sé stessi e le stesse condizioni che hanno trovato nascendo.