La Metafisica in Aristotele
Quinta parte:
Come Aristotele contesta i preplatonici nella Metafisica
Prima riflessione

di Claudio Simeoni

Metafisica

La Metafisica in Aristotele
Quinta parte:
Come Aristotele contesta i preplatonici nella Metafisica
Prima parte

Scrive Aristotele contestando le tesi dei preplatonici:

Quelli che sostengono l’unità dell’universo126 e che pongono come sua materia un unico principio naturale il quale sia, peraltro, corporeo ed esteso, cadono ovviamente in una serie di errori. Essi, infatti, ammettono soltanto l’esistenza degli elementi corporei e negano quella di elementi incorporei [quantunque esistano anche questi ultimi]. Per quanto, poi, concerne la generazione e la corruzione, essi cercano di indicarne le cause, e trattano anche della natura di tutte le cose, ma nello stesso tempo sopprimono la causa del movimento. Essi sbagliano, inoltre, perché non pongono la sostanza, e quindi neppure l’essenza, come principio di alcuna cosa e, oltre a ciò, perché con leggerezza identificano il principio con qualsivoglia dei corpi semplici che non sia la terra, senza indagare sul modo in cui vengono reciprocamente a prodursi tali corpi, ossia il fuoco, l’acqua, la terra e l’aria. Alcuni di essi, infatti, si producono reciprocamente per concrezione, altri per discrezione, e questa differenza è della massima importanza perché si possa sostenere la priorità o la posteriorità di tali elementi.

Da: Aristotele, Metafisica, editore Hachette, 2016, pag. 35 - 36

L'errore che Aristotele attribuisce ai preplatonici è quello di ammettere l'esistenza di elementi corporei e negare quella di elementi incorporei che, afferma Aristotele, "comunque esistono anche quest'ultimi".

L'affermazione è un'affermazione priva di supporto, di dimostrazione e assolutamente gratuita. Aristotele afferma l'esistenza di elementi incorporei, ma non lo dimostra.

Pertanto, non è un errore dei preplatonici indicare esclusivamente cause corporee a fondamento della vita, ma è un delirio di Aristotele affermare l'esistenza di un qualche cosa che non è in grado non solo di dimostrarne l'esistenza, ma nemmeno l'utilità in funzione della vita stessa.

Le cose che concorrono alla vita sono all'interno della natura e non è vero che i preplatonici sopprimono la causa del movimento, semplicemente, non hanno gli strumenti adeguati per individuare la causa del movimento e le forze che intercorrono per il mutamento e la trasformazione.

Come i filosofi preplatonici non definirono il come vengono reciprocamente a prodursi i corpi semplici, così Aristotele non aveva nessuna idea su come si producevano i corpi semplici.

Noi oggi possiamo dire che l'acqua è formata da due parti di idrogeno e una di ossigeno, ma come non avevano cognizione della cosa i preplatonici, così non ne aveva Aristotele.

Per quei filosofi, il fuoco, l'acqua, l'aria, la terra erano essenze di sé stessi e in sé stessi. Non è necessario che si producano reciprocamente per concrezione [aggregazione] o per discrezione [distinzione]. Un elemento non si riversa nell'altro anche se, oggi come oggi, dati i mezzi scientifici, possiamo stabilire delle relazioni fra l’uno e l’altro dato il mutare delle condizioni oggettive in cui vivono.

L'essenza del fuoco è il fuoco; l'essenza dell'acqua è l'acqua; l'essenza dell'aria è l'aria; l'essenza della terra è la terra; queste sono le essenze a fondamento della vita e Aristotele non ha mai dimostrato che la vita può esistere senza l'acqua, il fuoco, l'aria e la terra.

Pertanto, accusare i filosofi preplatonici di aver interpretato le condizioni della vita senza farneticare sulla vita stessa, consapevoli dei limiti che aveva la loro conoscenza, è un'operazione che porta disonore a chiunque pratichi filosofia.

Scrive Aristotele nella sua Metafisica:

Per un certo aspetto potrebbe sembrare che il corpo più elementare di tutti sia quello da cui in primo luogo si generano tutti gli altri corpi per concrezione, ed un tale corpo dovrebbe a essere quello che tra gli altri è composto di parti minime e che è il più sottile (perciò i filosofi che pongono come principio il fuoco sono quelli che possono maggiormente condividere un tal modo di pensare, quantunque anche ciascuno degli altri filosofi ammetta che tale debba essere la natura del primo elemento corporeo; epperò nessuno dei monisti ha reputato che la terra sia un elemento, ovviamente perché questa è composta di parti grandi, ma ciascuno degli altri tre elementi ha trovato, di volta in volta, un sostenitore, giacché alcuni identificano l’elemento primordiale col fuoco, altri con l’acqua, altri con l’aria; né vi è, di certo, alcun altro motivo che impedisca loro di parlare anche della terra, come, invece, ne parla la comune opinione; infatti la gente dice che tutto è terra, ed anche Esiodo asserisce che prima fra i corpi si generò la terra, così vecchia e popolare è una tale opinione!); in base a questo ragionamento, pertanto, se si parla di qualche altro elemento che non sia il fuoco, o se si pone questo elemento come più denso dell’aria e più sottile dell’acqua, si cade in errore. D’altra parte, però, se è vero che ciò che è posteriore per generazione è anteriore per natura, e se ciò che è me scolato e composto è posteriore per generazione, allora è vero il contrario delle precedenti teorie, e l’acqua è anteriore all’aria e la terra all’acqua.

Da: Aristotele, Metafisica, editore Hachette, 2016, pag. 36

Esiodo non dice che prima si generò la Terra. Esiodo dice che si generò la materia. Che poi la materia venga identificata con la terra, è un'interpretazione assolutamente soggettiva ed infantile.

La terra si accoppia con l'emozione, Urano, e nasce la vita generando i Titani.

Trasformare il mito in una filosofia razionale porta, necessariamente, alla farneticazione.

Che i filosofi preplatonici avessero delle difficoltà per spiegare il perché e il percome di ciò che vedevano e analizzavano, sembra abbastanza comprensibile. Il vero problema in filosofia è dato dal filosofo che non si limita ad osservare i fenomeni o ad indagarne la natura, ma è il filosofo che, dato un fenomeno, costruisce un mondo fantastico come se stesse costruendo una mitologia senza avere gli attributi e i contenuti propri della mitologia.

Della terra ne parla Democrito, attraverso il concetto di atomo come particella fondamentale dell'esistenza dove, secondo Democrito, le cose sono combinazioni diverse di atomi. Come Esiodo, neanche Democrito pone la terra quale elemento primo del mondo e della vita.

Il pensiero filosofico aristotelico appare cortocircuitato in una contestazione sterile dei preplatonici come se i preplatonici avessero dovuto trattare i suoi stessi interessi all'interno dei modelli che egli stesso desidera.

Aristotele si blocca su "che cosa viene prima" anziché su che cosa concorre alla nascita della vita.

Aristotele contesta Anassagora affermando:

E, per quanto concerne Anassagora, se si pensasse che egli parla di due elementi, si avrebbe un’opinione che sarebbe ben conforme ad un ragionamento che egli non riuscì ad articolare, ma che necessariamente avrebbe fatto, se qualcuno lo avesse guidato verso tale direzione. In realtà è assurdo asserire che in principio tutte le cose erano mescolate; e ciò per varie ragioni, ma specialmente perché ne deriverebbe la necessità che le cose 989 b stesse esistessero precedentemente come non-mescolate, sia perché non è conforme a natura che una cosa qualsiasi si mescoli fortuitamente con una cosa qualsiasi, sia perché, inoltre, le affezioni e gli attributi avrebbero un’esistenza separata da quella delle sostanze (giacché mescolanza e separazione vengono ad esercitarsi sulle medesime cose); ma tuttavia, se si seguisse Anassagora dando un più articolato svolgimento a ciò che egli vuol dire, forse le sue parole risulterebbero più ricche di significato per noi moderni. Quando, infatti, non esisteva alcuna differenziazione, non si poteva ovviamente conferire a quella sostanza nessun vero e proprio predicato; voglio dire, ad esempio, che essa non era né bianca né nera o grigia o di altro colore, ma era necessariamente incolore, altrimenti qualcuno di tali colori sarebbe stato una sua particolare proprietà; e similmente, per questa stessa ragione, essa era insapore, anzi non aveva nessun’altra di tali proprietà, giacché essa non poteva avere né qualità né quantità né alcuna determinazione.

Da: Aristotele, Metafisica, editore Hachette, 2016, pag. 37

Secondo Aezio, autore di una "Placita Philosophorum", una sorta di antologia delle idee dei filosofi antichi, riportata dal Diels-Kranz, Anassagora sosteneva:

Aèt. i 3, 5 [Dox. 279]. Anassagora, figlio di Egesibulo, di Clazomene, ha detto che le omeomerie sono principi delle cose. Gli sembrava un problema affatto irresolubile che qualcosa potesse prodursi dal non ente e distruggersi nel non ente. Noi usiamo un cibo semplice e omogeneo, pane e acqua, e di questo si nutrono i capelli, le vene, le arterie, la carne, i nervi, le ossa e le altre parti. Di fronte a tale fatto si deve convenire che nel cibo da noi preso ci sono tutte le cose e che da queste si accrescono tutte le cose. In quel cibo, quindi, ci sono particelle produttrici di sangue, di nervi, di ossa e di tutto l’altro: tali particelle si possono cogliere con la ragione. Non si deve riportare tutto all’esperienza sensoriale, che cioè il pane e l’acqua producono tutto questo, ma nel pane e nell’acqua ci sono particelle che si colgono con la ragione. E poiché le parti esistenti nel cibo sono uguali a ciò che si produce, le chiamò omeomerie e disse che erano principi delle cose, e che le omeomerie erano materia e la causa efficiente intelletto, il quale tutto dispone. Incomincia così: «Insieme erano tutte le cose e l’intelletto le separò e le pose in ordin » : «cose» disse ciò che ha una realtà. E va accettato perché alla materia congiunse un artefice.

Diels Kranz, I presocratici, Edtore Laterza,1990, pag. 575

Il problema di Anassagora era quello di dare una spiegazione, un giudizio di necessità, ad un fenomeno a cui assisteva e del quale non aveva strumenti per spiegarne l'origine e gli effetti.

Il "giudizio di necesssità" ha la caratteristica di dare un spiegazione ad un fenomeno che, pur non spiegando né l'origine né il fine del fenomeno, prende atto dell'esistenza del fenomeno dando una spiegazione, dell’origine e del fine, senza l'esigenza di spiegarlo, ma che sia funzionale a far proseguire l'indagine sui fenomeni senza la necessità di fermare ogni indagine per risolvere origine e meccanismo di un fenomeno del quale non si hanno strumenti sufficienti per produrre giudizi definitivi. La caratteristica di un "giudizio di necessità" è quella di opporsi al "giudizio di verità". Il "giudizio di necessità" non definisce la verità delle cose, ma solo la mia necessità di dare una spiegazione a un qualche cosa di cui non ho la certezza e mi permette, a differenza del "Giudizio di verità", di modificare continuamente il mio "giudizio di necessità" al variare delle scoperte in conseguenza della mia indagine che modifica le mie necessità.

Anassagora non spiega la verità di un meccanismo, ma offre una soluzione possibile al meccanismo osservato.

Oggi come oggi, sappiamo che effettivamente fuoco, acqua, terra e aria furono la stessa cosa. Lo chiamiamo Big Bang. Sappiamo che tutto ciò che componeva il Big Bang si è trasformato e quella trasformazione ha prodotto fuoco, aria, acqua e terra.

Il concetto, assente in Aristotele, è proprio il concetto di trasformazione.

Lo stesso concetto è assente in Anassagora.

Anassagora non aveva il concetto di trasformazione. Che l'acqua e il pane potesse trasformarsi in capelli, data l'attività del corpo, è un concetto che non aveva, come non lo aveva Aristotele. Così, il concetto di Esiodo, secondo cui il presente avviene per trasformazione, era estraneo ad Aristotele.

Anassagora, a differenza di Aristotele, tenta di risolvere il suo problema introducendo il concetto di "intelletto".

L'intelletto è un oggetto esterno agli enti, un oggetto in sé e per sé, o è una manifestazione degli enti?

Scrive Aristotele, cito dal Diels Kranz:

"Aristot. metaph. A 4. 985 a 18. Anassagora si serve dell’intelletto come di un deux ex machina per rendere conto della costruzione del mondo e quando non sa spiegare per quale motivo una cosa è di necessità [quel che è], allora lo fa intervenire, mentre per gli altri casi indica come causa tutto fuorché l’intelletto."

Diels Kranz, I presocratici, Edtore Laterza, 1990, pag. 576

Appare evidente, secondo quello che afferma Aristotele, che il concetto di "intelletto" introdotto da Anassagora, ha la funzione di "giudizio di necessità". Cioè, definire la causa di un qualche cosa senza avere gli strumenti per conoscere la causa di quel qualche cosa.

Ovviamente Anassagora non ha compreso il concetto esiodeo secondo cui:

"Dunque, per primo fu Caos"

E ciò che è primo è indistinguibile dalla percezione soggettiva che lo chiama genericamente "Caos". Non sappiamo che cosa sia!

Continua Esiodo:

"e poi Gaia dall'ampio petto sede sicura per sempre di tutti
gli immortali che tengono la vetta nevosa d'Olimpo,
e tartaro nebbioso nei recessi della terra dalle ampie strade."

Poi, il mondo prende forma. Ma il mondo che prende forma, non pensa. Non è un intelletto. Non è né un Dio, né un creatore.

Da quest'immenso emerge qualche cosa che è parte di quest'immenso. Parte indistinguibile dell'immenso, ma che la ragione può definire in maniera specifica:

"poi Eros, il più bello fra gli immortali,
che rompe le membra e di tutti gli Dèi e di tutti gli uomini
doma nel petto il cuore e il saggio consiglio"

Le citazioni da: Esiodo, Teogonia, BUR, 1999, pag. 90

E' la forza della trasformazione, Eros. Eros può essere definito come "necessità della materia" o come "Intento della materia", ma non come intelletto della materia e, tanto meno, come Dio da porre al di fuori della materia

Questo concetto era chiaro agli Orfici, mentre appare oscuro ai filosofi assolutisti (affermazione che parte dalla volontà di dare della "buona fede" ai filosofi assolutisti, il che non è detto). Talmente oscuro, o talmente fastidioso, è il concetto di Eros di Esiodo, che Platone, nel Simposio, necessità di trasformarlo in un demone al servizio degli Dèi e del Demiurgo che crea gli Dèi.

Aristotele conclude il discorso contro Anassagora affermando:

Altrimenti, infatti, sarebbe stata sua proprietà qualche forma particolare di sopra ricordata, ma ciò era impossibile, giacché tutte quante erano mescolate. E, invero, le forme sarebbero già state differenziate, mentre, al contrario, egli sostiene che tutte le cose erano mescolate tranne l’intelletto, e che questo soltanto era puro e non mescolato. Da ciò risulta che, secondo lui, i principi sono due, ossia l’Uno (giacché appunto questo è semplice e non mescolato) e l’Altro, cioè quello che noi identifichiamo con l’indeterminato prima che questo assuma una determinazione o partecipi di una qualche forma, e di conseguenza il suo ragionamento non è né corretto né chiaro, quantunque esso sia presso a poco quello di filosofi posteriori e si "accosti" notevolmente a teorie molto quotate [ai nostri giorni]. Ma questi filosofi trattano con familiarità soltanto il problema della generazione e della corruzione e del movimento, giacché la loro ricerca si limita quasi esclusivamente ai principi e alle cause di un tale aspetto della realtà.

Da: Aristotele, Metafisica, editore Hachette, 2016, pag. 38

Anassagora, dunque, secondo Aristotele, affermerebbe che "tutte le forme erano mescolate tranne l'intelletto e che questo era puro e non mescolato".

Se volessimo chiamare l'intelletto di Anassagora "Eros", potremmo dire che la materia, "Gaia", poteva trasformarsi in ogni cosa attraverso la propria necessità, il proprio intento, il proprio Eros, a seconda delle condizioni che avrebbe incontrato nel suo movimento.

In questa situazione Anassagora non avrebbe sbagliato di molto, a differenza di Aristotele.

La materia/energia, Gaia, non è "nata" da Caos. E' Caos dal quale il veggente inizia ad estrarre qualche cosa che inizia a prendere forma nel suo pensiero. Caos non è definibile. Materia/energia è definibile dal veggente, al di là della quantità e della qualità di materia/energia che definisce, anche se materia/energia continuano ad essere Caos.

Solo che materia/energia, Gaia, non è l'origine dell'universo. E' l'universo. Un universo inconsapevole. Ma è la sostanza che può diventare consapevole perché non esiste altro nell'universo, come universo, oltre alla sostanza Gaia.

Gaia, se vogliamo, è madre di ogni cosa, un essere dall'ampio petto, ma non è intelligenza, non ha scopo, non ha fine e non determina le trasformazioni del presente in cui vive. Gaia vive, come Nera Notte. In sé non è intelligente né manifesta volontà.

Diverso è Gaia più Eros. Ma questo appare un discorso "misterioso" alle orecchie di Aristotele.

Marghera, 02 dicembre 2025

 

 

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Ultima modifica dicembre 2025

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