La filosofia metafisica è la più antica e completa forma di filosofia. Il suo nome moderno è "teologia" e tratta della percezione dell'uomo del divino presente negli oggetti del mondo in cui vive. Un divino che si trasforma e che muta nelle sue infinite forme, istante dopo istante, in cui manifesta la coscienza, la volontà, le sue infinite necessità d'esistenza attraverso la propria intelligenza.
L'interpretazione dell'uomo dei meccanismi in cui si svolge l'esistenza si chiamava "teologia" ed era la capacità dell'uomo di interpretare le modificazioni della realtà quale risultato delle scelte consapevoli degli oggetti-soggetti presenti nel mondo che abitava. Soggetti-oggetti che, attraverso l'azione, svelavano il loro divino.
Poi, nel VIII secolo a.c., intervenne la filosofia il cui scopo era quello di opporre il delirio immaginario alla percezione della realtà degli uomini. Trasformarono il delirio di onnipotenza in teologia e chiamarono il delirare, attorno all'onnipotenza metafisica in contrapposizione alla fisica con cui, questi filosofi, "filosofi". Gli "amanti della sapienza" che trasformavano il farneticare in conoscere. Descrivevano la forma di un mondo immaginario che abitava solo nei loro desideri di incapaci e impotenti nell'abitare il mondo in cui vivevano.
Nelle mani dei deliranti, che delirano della loro onnipotenza attribuendola all'onnipotenza di Dio, dell'Uno, del Tutto, dell'Artefice, la teologia sviluppò materia di studio per gli psichiatri. Quando gli uomini si impossessano dei legami fra sé e i soggetti consapevoli del mondo che abitano, la teologia diventa uno loro strumento per affrontare e abbattere i deliranti riportando l'uomo a riprendere il proprio posto fra gli Esseri della Natura.
Due tipi di persone trattano di filosofia metafisica: lo studioso di filosofia, il cui scopo è ottenere un ruolo sociale, un impiego, che gli consenta di vivere dignitosamente con un buon stipendio. E poi ci sono i filosofi, coloro che mettono al centro del loro esistere le idee al di là e al di fuori della propria condizione sociale. Non raccolgono stipendi per le idee che professano e nemmeno cerchie di seguaci adoranti ma sono in grado di indicare un futuro ad uomini e a società.
I primi sono culturalmente dotti. Curano la forma espositiva. I secondi curano le idee e spesso ignorano e sono indifferenti su cosa capiscono gli interlocutori delle idee che espongono. I primi studiano le idee di altri e le ripropongono; i secondi abitano il mondo, leggono la realtà e la ripropongono continuamente nella prospettiva di nuove e diverse realtà.
La metafisica pagana è la metafisica del mutamento. Gli antichi osservarono che l'uomo nasce e si trasforma, attimo dopo attimo, sia nella struttura fisica che nella conoscenza e nella consapevolezza. Oggi, con la ricerca scientifica, conosciamo un numero maggiore di meccanismi attraverso i quali l'uomo nasce e diviene. La condizione di fondo non cambia; l'uomo muta e la metafisica è la lettura dei processi di mutamento dell'uomo al di là della conoscenza scientifica dei meccanismi attraverso i quali si realizza il mutamento dell'uomo.
La metafisica si chiede: perché l'uomo muta, cambia e si trasforma?
La metafisica si chiede: cosa l'uomo muta, cambia e si trasforma?
La metafisica si chiede: quale aspetto dell'uomo muta, cambia e si trasforma?
La metafisica si chiede: quando l'uomo muta, cambia e si trasforma?
La metafisica si chiede: dove l'uomo muta, cambia e si trasforma?
La metafisica si chiede: a quali condizioni risponde l'uomo quando muta, cambia e si trasforma?
La metafisica si chiede: quali sono le condizioni che inducono l'uomo a trasformarsi?
La metafisica si chiede: quali relazioni e di quale qualitàha le trasformazioni dell'uomo con le trasformazioni del mondo?
Le domande scendono a cascata e le risposte a queste domande non sono mai uguali, non c'è una verità perché il mutare annulla ogni verità che si può manifestare nell'attimo presente seguito da trasformazioni che manifestano nuove e diverse verità.
La verità di mondi altri, raccontata dal delirante, porta il filosofo metafisico a deridere il delirante e la sua follia.
Follia!
La ribellione alla ragione del dominio viene chiamata follia dal dominatore.
L'attività di dominio dell'uomo sull'uomo viene chiamata follia dall'uomo che si ribella al dominio e non vuole imporre dominio ad altri uomini.
Quale punto di vista si assume per definire la follia?
E qui entrano in gioco le scelte. Le diverse scelte fra lo "studioso di filosofia" che studia i filosofi; i filosofi che affermano verità per dominare gli uomini; i metafisici, i teologi, che descrivendo le relazioni fra l'uomo e il mondo manifestano idee per liberare l'uomo dal dominio nel loro tempo presente.
Chi è il delirante? Colui che costruisce campi di prigionia, attraverso obblighi d'obbedienza, o colui che taglia il filo spinato per evadere?
Il discorso di Penteo nelle Baccanti di Euripide ci presenta il senso della follia
PENTEO:
Mi trovavo lontano dal Paese, quando mi sono giunte triste nuove sulla città: che le donne, lasciate le case per presunti baccanali, s'aggirano nell'ombra delle selve sui monti, tributando con le danze onore al dio spuntato adesso, a quel Dioniso, che non so chi sia. Nel mezzo dei tiasi c'è un cratere colmo, e loro, in quella solitudine, acquattate chi qua chi là, volentieri si piegano al possesso dei maschi, col pretesto d'adempiere, da Mènadi, ad un rito, mentre in effetti avanti a Bacco mettono Afrodite. Le donne che ho afferrate stanno al sicuro in carcere, le mani legate. A quelle che sono scappate darò la caccia, le farò discendere dal monte e, sistemandole nei ceppi di ferro, le farò presto desistere da codesto nefando baccheggiare. Dicono ch'è arrivato uno straniero, un ciurmatore della Lidia, riccioli biondi, una grande chioma profumata, rubicondo, le grazie d'Afrodite negli occhi, e sta giorno e notte con loro, iniziando le giovani a misteri orgiastici. Soltanto ch'io lo colga in questa casa, e lo farò desistere dal battere il suo tirso e dallo scuotere le sue chiome, spiccandogli la testa dal busto. E' lui che va dicendo che Dioniso è un dio, che fu cucito un giorno nella coscia di Zeus, che col bagliore della folgore diede fuoco a lui e alla madre, che aveva rinnegato il connubio divino. Questa roba non merita la forca? E lo straniero, chiunque sia ... trascendere casi! [Si accorge della presenza dei due vecchi.] Questo è un altro fenomeno! Qui vedo l'indovino, Tiresia, con la nèbride variegata, e c'è il padre di mia madre con lui - roba da ridere! - che va baccheggiando col tirso. Mi rifiuto di guardare la vostra dissennata vecchiezza, padre. Non ti vuoi levare quell'edera? non vuoi lasciare libera - Sì, padre di mia madre, dico a te - la tua mano dal tirso? A persuaderlo sei stato tu, Tiresia. Certo vuoi introdurre fra gli uomini la nuova divinità, per poi scrutare il volo degli uccelli e bruciare le tue vittime traendone guadagno. E' la canizie che ti salva: se no, le innovazioni dei tuoi riti nefandi le faresti legato, in ceppi, in mezzo alle Baccanti. Niente di buono c'è nei sacri riti, sono convinto, se in pasti di donne c'è il succo diletto della vite.
Euripide, Baccanti in Tutte le tragedie, Newton e Compton Editori, 1991, p. 295
Il delirio di Penteo è ben descritto. Lui, il padrone della città dalla quale le donne sono scappate, per liberarsi dai telai e dalla schiavitù domestica, sui monti per baccheggiare e dedicarsi ai riti orgiastici, promette galera, tortura e pene per tutti coloro che non ritornano a sottomettersi.
Ma da dove deriva questo delirio?
Le cavalle che mi portano fin dove l'animo giunge
mi trascinavano, dopo avermi avviato sulla strada ricca di canti,
divina, che porta l'uomo sapiente per tutte le cose che siano.
Era lì che viaggiavo: le cavalle scaltrite lì mi portavano
tirando il carro, fanciulle guidavano il loro percorso. 5
Suono d'organo l'asse mandava nelle sue sedi
surriscaldato (era mosso da entrambe le ruote rotanti
da una parte e dall'altra), mentre a spronare s'affaticavano
le figlie del Sole, appena uscite dalla casa della Notte,
verso la luce, dopo essersi tolte il velo dal capo. 10
Lì è il portale che segna il cammino della Notte e del Giorno,
un architrave gli fa da cornice e una soglia petrigna,
lo chiudono grandi battenti che toccano il cielo:
la Giustizia preposta alle pene detiene le chiavi girevoli.
Rivolgendosi a lei le fanciulle con dolci parole 15
seppero ben persuaderla a togliere subito via
dalla porta la spranga a serrami; attraverso i battenti
schiuse la porta un vuoto infinito, mentre s'apriva
ruotando nelle bandelle argute i cardini di bronzo,
con ferramenta e chiodi ben fissi; dritto lì dentro 20
le fanciulle guidarono lungo la strada le cavalle ed il carro.
Benigna m'accolse la Dea, con la mano mi prese la mano
destra, così cominciava a parlarmi e diceva:
Figlio, compagno ad aurighe e cavalle immortali
che ti portano, giungendo alla nostra casa 25
rallegrati, perché non una sorte maligna t'ha fatto venire
su questa strada (certo è lontana dalla pista degli uomini),
ma legge e giustizia. Bisogna che tutto tu sappia,
sia della verità rotonda il sapere incrollabile
sia ciò che sembra agli uomini, privo di vera certezza.
Saprai tuttavia anche questo, perché le parvenze dovevano 30
plausibilmente stare in un tutto, pur tutte restando.
Parmenide, Poema sulla Natura, editore BUR, 2000, p. 147/149
Parmenide si fa "profeta di Dio", della verità incrollabile di "legge e giustizia", dove il padrone, o la padrona, gli raccontano della "verità rotonda il sapere incrollabile" che fa dire a Penteo "Le donne che ho afferrate stanno al sicuro in carcere, le mani legate. A quelle che sono scappate darò la caccia, le farò discendere dal monte e, sistemandole nei ceppi di ferro, le farò presto desistere da codesto nefando baccheggiare."
La verità di Parmenide e Penteo contro la richiesta di libertà delle donne che col "delirio" modificano il loro presente.
Chi era il delirante?
Parmenide e Penteo che invocavano la verità che li legittimava la schiavitù delle donne o le donne che cercavano la loro libertà?
La metafisica di Parmenide è la metafisica della sottomissione e della schiavitù, ma la metafisica che si oppone alla verità di Parmenide, dov'è?
Dunque, per primo fu Caos, e poi
Gaia dall'ampio petto, sede sicura per sempre di tutti
gli immortali che tengono la vetta dell'Olimpo,
e Tartaro nebbioso nei recessi della terra dalle ampie strade,
Esiodo, Teogonia, Editore BUR, 1999, p.71
Il venir in essere del mondo in sé e per sé, trasformazione dopo trasformazione era il messaggio dei poeti al di là di come ogni poeta veicolava il messaggio. Esiodo ed Omero, Orfeo e Museo raccontavano le meraviglie di una realtà divina in cui uomini e Dèi agivano senza essere costretti alla sottomissione.
Gli Dèi non ordinavano agli uomini di obbedire e sottomettersi. Ogni scelta degli uomini e degli Dèi aveva delle conseguenze, ma le conseguenze erano conseguenze delle scelte, di uomini e Dèi, non della volontà di dominio.
Al venir in essere del mondo, per mutamento e trasformazione da un possibile inizio, insiste Platone nel Timeo:
Poiché, dunque, tutti gli dèi furono generati, quanti si aggirano per il cielo e quanti appaiono in maniera visibile nella maniera in cui vogliono, il Generatore dell'Universo disse a loro le seguenti parole: "O dèi figli di dèi, io sono Artefice e Padre di opere che, generate per mezzo mio, non sono dissolubili, se io non voglio. Infatti, tutto ciò che è legato può dissolversi; ma voler dissolvere ciò che è stato connesso in maniera bella e in buona condizione, è da malvagio....
Platone, Timeo, in "Platone tutti gli scritti", Editore Bompiani, 2014, p. 1369
Questi sono i termini della filosofia metafisica: o la realtà è venuta in essere in sé e per sé date condizioni precedenti, o è stata creata, manifestata, da una potenza superiore alla quale la realtà si deve sottomettere in quanto appartiene a colui che l'ha creata e, per estensione, ai suoi rappresentanti.
I Pagani accolgono i punti di vista delle donne contro la follia di Penteo; i Pagani accolgono il punto di vista di Esiodo, Omero e i poeti che subiscono l'aggressione dei filosofi assolutisti come Parmenide, Pitagora e Platone.
E' oggettivamente ridicolo un Pitagora che racconta di essere sceso nell'Ade e di aver visto Esiodo ed Omero incatenati e torturati per i loro poemi.
Anche Eraclito appare contro i poeti, ma non per il venir in essere della realtà, bensì per l'interpretazione antropomorfa degli Dèi fatta dai poeti. Eraclito non mette in discussione il fuoco, l'emozione, attraverso cui la realtà viene in essere, ma solo la rappresentazione della forma antropomorfa mediante la quale identifica la rappresentazione formale usata dai poeti.
Come dice Epicuro nella lettera a Meneceo:
Gli Dèi esistono: abbiamo di essi conoscenza evidente. Ma non esistono nella forma in cui li concepisce il volgo; e questo toglie loro ogni fondamento reale nella forma in cui è uso concepirli. Empio non è colui che rinnega gli Dèi del volgo, ma colui che applica le opinioni del volgo agli Dèi: infatti i giudizi di questo circa gli Dèi non sono prenozioni, ma supposizioni false; e in base a tali supposizioni si usa ricondurre agli Dèi i più grandi danni e i più grandi benefizi. Non avendo intimità che con le proprie virtù, essi accolgono quelli che sono loro simili, considerando straniero chi non è tale.
Epicuro, Lettera a Meneceo in Epicuro, Editore Mondadori, 2008, p. 196-197
A quelle domande, sopra elencate e altre, deve rispondere la metafisica. Non solo deve definire la natura degli Dèi, ma deve raccontare delle trasformazioni dell'uomo nella sua vita. Deve raccontare dell'oggettività in cui l'uomo vive e i sentieri che portano l'uomo, in questa oggettività, verso un futuro possibile.
Sì! Gli Dèi esistono come esiste l'uomo che si trasforma in un mondo in perenne trasformazione. E gli Dèi divengono e si trasformano.
E' giunto il momento di portare al centro della metafisica, non solo la natura degli Dèi o i processi di trasformazione dell'uomo, ma il mondo stesso che si trasforma e diviene in una perenne lotta fra la filosofia delirante del dominio e la follia che induce gli uomini e le donne a sottrarsi alla sottomissione tagliando il filo spinato delle costrizioni che avvolgono donne, uomini e bambini nella società.
In un sistema sociale retto dalla filosofia assolutista, sottrarsi alla sottomissione è l'azione di un Dio che emerge nell'uomo e che quell'uomo trasferisce la sua azione alla propria coscienza per soddisfare la propria necessità.
Nella società in cui viviamo, dominata dalla filosofia assolutista dove ogni filosofo benvoluto da ogni regime ripete le nozioni apprese durante il catechismo cristiano, abitare le trasformazioni attraverso il tempo, si è definito "stregoneria". Uomini e donne che agivano nel presente in funzione di un futuro possibile si opponevano a donne e uomini che si inginocchiavano e pregavano l'intervento della provvidenza divina con cui risolvere i loro problemi.
Io uso ancora il termine "Stregone" e "Apprendista Stregone" per rendere omaggio a tutte quelle donne e tutti quegli uomini che hanno tentato di condurre l'umanità fuori dall'orrore assolutista cristiano.
Metafisica antica e quotidianità contemporanea
La filosofia dichiara guerra alla metafisica
Sito di Claudio Simeoni
Ultima formattazione:
Marghera, settembre 2025
Claudio Simeoni
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Apprendista Stregone
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Ultima modifica settembre 2025
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