Il concetto di sacrificio nell'Upanisad Brhadaranyaka

Upanisad Brhadaranyaka e la Religione Pagana

Seconda parte

di Claudio Simeoni

Indice commento dell'Upanisad Brhadaranyaka

 

Per iniziare la lettura e l'interpretazione dell'Upanisad è necessario che si chiarisca il concetto di "sacrificio" dal punto di vista della magia, della Stregoneria e della consapevolezza religiosa. Oggi, educati nella situazione sociale monoteista siamo abituati ad un concetto comune di sacrificio. E' il sacrificio dell'altro in funzione di noi stessi. A noi stessi, la struttura di comando monoteista, chiede il sacrificio in funzione di sé stessa. E' sempre la richiesta del sacrificio dell'altro in funzione della perpetuazione di di noi stessi. Si tratta della traduzione in termini pragmatici degli insegnamenti del dio biblico che stermina gli altri in funzione di sé stesso.

Esiste un altro concetto di "sacrificio" che viene praticamente ignorato dalla letteratura religiosa monoteista in quanto non è direttamente funzionale alla gestione del comando sociale: è il sacrificio i funzione di noi stessi. Ad esempio: io dovevo arrivare in quella città e per farlo ho sacrificato le mie gambe, le ho sottoposte a fatica. L'affaticamento delle mie gambe era in funzione di me stesso, del raggiungimento del mio Intento. L'Essere Feto sacrifica sé stesso in funzione di sé stesso: nasce il bambino! Io sacrifico la mia energia, il mio riposo, quando voglio ottenere qualche cosa zappando la terra. Questo tipo di sacrificio viene comunemente ignorato dallo spettatore in quanto lo spettatore punta la sua attenzione sul risultato finale, sull'obiettivo raggiunto e non su ciò che l'attore ha lasciato per strada al fine di raggiungere quell'obiettivo.

Perché si parla, in questo caso, di sacrificio?

Perché esistono delle possibilità soggettive di fare delle scelte diverse.

Potevo scegliere di non affaticare le mie gambe e, se lo avessi scelto, non avrei raggiunto quella città. Può l'Essere Feto scegliere di non morire e in quella scelta nessun bambino nascerebbe: morirebbe anche il Feto.

Il sacrificio, di cui parlano le Upanisad, è la rinuncia a qualche cosa in funzione di un qualche cosa. La manifestazione soggettiva della necessità di raggiungere quel qualche cosa determina la scelta soggettiva del sacrificio. Il sacrificio in funzione di un qualche cosa che soggettivamente sia appagante.

E' da questo punto di vista che si deve partire per comprendere il concetto di "sacrificio". E' l'ottica dell'attore che agisce all'interno della propria esistenza e non l'ottica dello spettatore che da esterno dell'esistenza tenta di osservare l'azione per risultati ed effetti in funzione delle sue aspettative.

"In verità la testa del cavallo sacrificale è l'aurora, l'occhio è il sole, il respiro è il vento, la bocca spalancata è il fuoco universale, il corpo è l'anno."

Lo spettatore guarda l'attore!

L'attore è il "cavallo"; l'universo!

Lo spettatore assiste al sacrificio!

Il sacrificio visto dallo spettatore è LA FINE DELLA COSCIENZA DI SE' DELL'UNIVERSO!

Il sacrificio visto dallo spettatore è il cavallo che mette fine al proprio esistere come oggetto in sé.

Ma perché proprio il cavallo? Perché lo spettatore identifica l'universo che mette fine alla propria Coscienza di Sé proprio con un cavallo?

Perché il cavallo, nella coscienza e nel pensiero dello spettatore, si identifica con il movimento, la trasformazione, il divenire!

Diventa esplicativa la frase:

"Come Haya (destriero) è la cavalcatura degli DEI, come Vajin (stallone) è la cavalcatura dei Gandharva, come Arvan (corsiero) è la cavalcatura dei Demoni, come Asva (cavallo) è la cavalcatura degli Uomini."

Cavalcare per modificarsi e giungere; dove il cavalcare è già un giungere

Dove importante è cavalcare perché il cavalcare è già un giungere.

Cavalcare per giungere alla morte del corpo fisico; dove il cavalcare ti porta alla morte del corpo fisico.

Dove l'importante è vivere perché è il vivere che porta alla morte del corpo fisico.

E se non cavalchi non giungi: sei già!

Il sacrificio sta nel cavalcare; il sacrificio sta nel giungere: il sacrificio è l'arte di vivere.

Chi non pratica il sacrificio è già morto!

Non ha trasformazioni.

Attende solo che giunga la fine.

Lo spettatore assiste al sacrificio del cavallo. Il veggente vede quella Coscienza di Sé che muore ed osserva ciò che da essa si genera. Il veggente è esterno all'azione dell'universo. Come un intruso ha risalito le trasformazioni che lo hanno condotto ad essere ciò che egli è e lo hanno portato ad assistere ciò che lo portò ad essere ciò che è.

Il veggente non è in grado di penetrare il "cavallo", il suo modo di essere. Il veggente è escluso dal "cavallo", dalle sue determinazioni, dai suoi bisogni, dalle sue necessità, dal suo nous. Il veggente può cogliere solo ciò che sta alla base della propria esistenza e l'esistenza del veggente è determinata dagli effetti sacrificio del "cavallo". Dagli effetti del sacrificio della Coscienza di sé dell'universo! NON di ciò che portò l'universo alle azioni che il veggente chiama come "sacrificio".

Così l'Upanisad si apre con quanto appartiene al veggente e che il veggente vede germinare dal sacrificio dell'Universo!

"In verità la testa del cavallo sacrificale è l'aurora, l'occhio è il sole, il respiro è il vento, la bocca spalancata è il fuoco universale, il corpo è l'anno."

E' a questo punto che entra in gioco la specificità culturale del veggente. Il veggente pesca dalla propria cultura gli elementi attraverso i quali descrivere quanto emerge da un universo che non ha più Coscienza di Sé.

Il sacrificio cui il veggente ha assistito è il sacrificio di Brahama!

La Coscienza di Sé Brahama non esiste più!

La Coscienza di Sé universo non esiste più!

Là dove c'erano rumori ora è silenzio.

Là dove l'oscurità dell'infinito avvolgeva Brahama, ora c'è Eos, l'Aurora!

In tutto il lavoro che verrà fatto (se e come verrà fatto) di interpretazione ricordiamo sempre la separazione che esiste fra chi assiste all'azione e chi l'azione la mette in atto. Il veggente (o lo Stregone) è colui che ha la capacità di soggettivare tensioni, bisogni e determinazioni dell'attore che agisce. E' colui, in pratica, che ha fermato, almeno in parte, la proiezione di idee apriori sull'oggetto delle cui azioni sta assistendo.

Di questo ne ho parlato in altri scritti. Ciò che permette allo Stregone di fare questo è all'interno dell'Intento! E' il percorso che ha portato lo Stregone a fondere le qualità di sentieri di conoscenza diversi al di là della preparazione culturale attraverso la quale quella fusione avviene: fusione di Intenti. Se si preferisce: lo Stregone ha soggettivato l'oggettività. Ci si fonde attraverso le emozioni e si traduce il tutto con le parole che manifestano la preparazione culturale soggettiva. Ci possono essere grandi fusioni emozionali culturalmente male presentate e ci possono essere piccole fusioni (intuizioni soggettive) molto bene presentate dal punto di vista della cultura corrente. Sarà la vita quotidiana, le affermazioni dello Stregone, come lui giustifica quanto afferma e asserisce che determinerà la realtà della visione da un puro parto di fantasia.

Perché il veggente che racconta la Brhadaranyaka Upanisad inizia dal sacrificio di Brahama che annienta la propria Coscienza di Sé?

Esiodo, ad esempio, inizia affermando: "Per primo fu Caos".

Perché esistevano delle esigenze soggettive ed emozionali diverse che spingevano la percezione dei veggenti. Le esigenze emozionali sono quelle che spingono la percezione. A chi descrisse quanto Esiodo scrive non interessava superare il caos della descrizione della ragione. Gli interessava fermarsi da dove il presente ha origine. Chi ha scritto la Brhadaranyaka Upanisad aveva esigenze diverse, forse le stesse che avevo io quando scissi nel 1985 il Vangelo dell'Anticristo. Anch'io descrivo il "sacrificio" dell'Universo, ma non lo descrivo come sacrificio, ma come esigenza soggettiva che lo spingeva al rinnovamento.

Marghera 21 06 2005

 

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Claudio Simeoni

Meccanico

Apprendista Stregone

Guardiano dell’Anticristo

P.le Parmesan, 8

30175 – Marghera Venezia

Tel. 3277862784

e-mail: claudiosimeoni@libero.it

Il termine "paganesimo"

Troppo spesso il termine Paganesimo viene usato nel significato che gli danno i cristiani. Tutti i non cristiani sono "pagani" e questo è fonte di molta confuzione. I Wicca sono costruiti da Gardner sulle superstizioni cristiane alle quali Gardner attribuisce un "potere magico". Da qui l'uso dei tarocchi, dell'astrologia, delle rune, che secondo i wicca predicono un futuro determinato dalla volontà del loro dio o della loro dea. Proclamano i principi di un "Rede" che ha l'origine in un "padre" della chiesa cattolica (Agostino d'Ippona) e manifestano principi morali cristiani. La Religione Pagana non è più disposta a tollerare questo tipo di fraintendimenti.